====== Metamorfosi ======
===== Capitolo 22 =====
A differenza di Petronio, Apuleio usa sì il linguaggio quotidiano, ma il //sermo cotidianius// è comunque irrealistico (è “finto”)
L’atteggiamento di Psiche è a metà tra il coraggio e la paura (per via della trasgressione dall’ordine del marito).
* Passaggio oscurità -> luce
* Contrasti psicologici
* Psiche, agitata, è in una sospensione tra paura e curiosità
* Immagine serena/ieratica di Cupido, che è in contrasto con Psiche, che trema sapendo di trasgredire una legge
> tunc Psyche alioquin infirma et corporis et animi, tamen roboratur viribus subministrante saevitia fati, et prolata lucerna et adrepta novacula, mutatur audacia sexum.
Dunque Psiche, per il resto debole e di corpo e di animo, tuttavia recupera le forze dal momento che gliele fornisce la crudeltà del destino, e sollevata la lucerna e afferrato il rasoio, viene trasformata dall’audacia in un uomo.
* //subministrante saevitia fati// -> ablativo assoluto
* //et prolata lucerna// -> “”
* //abrepta novacula// -> “”
> sed cum primum secreta tori oblatione luminis claruerunt, videt mitissimam dulcissimamque bestiam omnium ferarum, ipsum illum Cupidinem formonsum deum cubantem formonse, cuius aspectu quoque lumen lucernae hilaratum increbruit et paenitebat novaculam (//soggetto//) sacrilegi acuminis.
* //penitebat// -> regge acuminis sacrilegis al genitivo
* //aspectu// -> abl. ass.
* abbondanza di aggettivi -> sfinimento psichico/mentale di Psiche
Ma non appena la luce chiarì le parti scure del letto nuziale, (Psiche) vede la bestia più mite e più dolce di tutte le fiere, proprio Cupido in persona, il bellissimo dio che riposava dolcemente, al cui aspetto anche la luce della lucerna gioiosa crebbe(/brillò più forte) e il rasoio si pentiva per il sacrilegio della lana.
> at vero Psyche deterrita tanto aspectu et impos animi defecta marcido pallore et premens desedit in imos poplites, quaerit abscondere ferrum, sed in suo pectore; quod fecisset profecto, nisi ferrum delapso timore flagitii tanti evolasset de lapsu manibus termerariis.
* periodo ipotetico dell’impossibilità
Ma in verità Psiche, sconvolta da un simile aspetto, e fuori di sé, sfinita in un languido pallore, e tremebonda, cadde sulle sue ginocchia e cercò di nascondere il ferro, ma nel suo petto; cosa che avrebbe fatto senz’altro se il ferro, per timore di un delitto così grave, non fosse sfuggito via, scivolato dalle mani impaurite.
> iamque lassa ??? vultus divini recreatur animi. Videt genialem caesariem capitis aurei tumulentam ambrosia, cervices lacteas et genas purpureas pererrantes globos crinium decoriter impeditos, alios antependulos, alios retropendulos, quorum spendore nimio fulgurante iam et ipsum lumen lucernae vacillabat;
* Il dio è ritratto nella sua immobilità e bellezza folgorante (supera la lue della lucerna), in contrasto con l’inquietudine e la dinamicità di Psiche
E ormai sfinita, spossata da morire, mentre ammira continuamente la bellezza del volto divino si riprende nell’animo, vede la bella chioma del biondo capo impregnata di ambrosia e sul collo bianco e le guance rosate su cui corrono le ciocche dei capelli e si intrecciano con grazia, alcuni vanno in avanti, altri vanno indietro, al cui splendore troppo folgorante lo stesso lume della lucerna vacillava;
> per umeros pinnae roscide dei volatilis candicant micanti flore, et quamvis alis quiescentibus exitmae plumae tenellae ac delicatae resultantes tremule inquieta lasciviunt; ceterum corpus glabellum atque luculentum et quale Venerem non paeniteret peperisse. Ante pedes lectuli iacebat arcus et pharetra et sagittae, propitia tela magni dei.
* //quamvis … quiesentibus// -> abl. ass
Sulle spalle le bianche ali rugiadose del dio alato biancheggiano come un fiore che luccica di rugiada e anche se le ali riposavano, le piume molli e delicate palpitando tremule scherzavano senza posa. Tutto il resto del corpo (era) liscio e splendente e tale che Venere non si pente di averlo partorito. Davanti ai piedi del letto giacevano l’arco, la faretra e le frecce, armi propizie del potente dio.
===== Capitolo 23 =====
> dum Psyche insatiabili animo satis et curios, rimatur atque pertrectat quae et miratur arma sui mariti, depromit unam sagittam de pharetra et punct pollicis periclitabunda etiam nunc trementis asticuli pupugit altius extremam aciem nisu fortiore ut per summam cutem parvulae guttae sanguinis rosei roraverint.
* //fortiore// -> comparativo di maggioranza da //fortior//
* //ut per summam// -> consecutiva
Mentre Psiche assai curiosa continua a esaminare e maneggiare questi oggetti con desiderio insaziabile, e ammira le armi di suo marito, sfila una freccia dalla faretra e prova la punta con il pollice, e ancora tremante con il premere troppo forte il dito si punse in profondità, cosicché piccole gocce del suo roseo sangue scorsero sulla pelle.
> sic ignara Psyche incidit sponte in amorem amoris. Tunc magis magisque fraglans cupidine Cupidinis inhians prona in eum efflictim, metuebat patulis ac petulantibus saviis festinanter ingestis de mensura somni.
* //amorem / Amoris// -> poliptoto
* //cupidine / Cupidinis// -> “”
Così Psiche ignara di sua spontanea volontà cadde nell’amore per Amore e allora ardendo sempre di più di desiderio per Cupido contemplandolo china su di lui in estasi teneva dandogli baci avidi e appassionati con la fretta.
> sed dum percita tanto bono, percita saucia mente illa lucerna, sive pessima perfidia, sive invidia noxia, sive quod et ipsa gestiebat contingere tale corpus et quasi basiare, evomuit de summa luminis sui, stillam ferventis olei super umerum dexterum dei.
Ma mentre sconvolta da tanta felicità vacilla per la sua mente innamorata, proprio la lucerna sia per un’orribile perfidia, sia per una gelosia colpevole, sia perché lei stessa smaniava di toccare un corpo così bello e quasi di baciarlo lasciò cadere dalla sommità del lume una goccia di olio bollente sopra la spalla destra del dio.
> hem audax et temeraria lucerna et vile ministerium amoris, aduris ipsum deum totius ignis, cum te scillicet aliquis amator, ut potiretur diutius etiam nocte cupitis, invenerit primus. Sic inustus deus exiluit et visa fidei detectae colluvie prorsus avolavit tacitus ex osculis et manibus infelicissimae coniugis.
* //cum te invenerit// -> avversativa
Ahimè audace e temeraria lucerna, ancella d’amore di poco prezzo, tu bruci proprio il dio di ogni fuoco, quando certamente un qualunque amante ti ha scoperta per primo per impadronirsi più a lungo anche di notte dell’oggetto del suo desiderio. Così il dio scottato saltò in piedi e vista la sua fede tradita oltraggiosamente, immediatamente volò via dai baci e dagli abbraccia dell’infelicissima sposa.
===== Capitolo 24 =====
> at Psyche adrepto ambabus manibus statim dextero crure eius resurgentis, miseranda appendix sublimis evectionis, et comitatus penduli per nubilas plagas, tandem fessa extrema consequia delabitur solo.
Ma Psiche afferratasi subito con tutte e due le mani alla gamba destra di lui che si alzava, miserevole appendice della ascensione aerea (dello sposo) e accompagnatrice pendula attraverso le regioni delle nubi alla fine stanca ultima accompagnatrice cadde al suolo.
> nec deus amator involabit deserens iacentem humi proxumam cupressum et de alto cacuminem eius, et sic ad fatum eam adfator graviter comotus
Né l’amante divino l’abbandonò giacente al suolo (“abbandonandola giacente al suolo”), volò sul cipresso più vicino e dall’alta cima di quello, così le parla profondamente arrabbiato.
> ego quidem, simplicissima Psyche, immemor (sum) praeceptorum meae parentis Veneris, quae iusserat devinctam te cupidine hominis miseri et extremi addici infimo matrimonio, ipse potius amator advolabi tibi.
“Pure io, o ingenuissima Psiche, mi sono dimenticato i precetti di mia madre Venere, la quale aveva ordinato che tu catturata dal desiderio di un uomo misero e di poco valore, fossi unita con un umilissimo matrimonio. Io invece come amante sono volato da te.
> sed feci hoc leviter, scio, et ille preclarus sagittarius ipse percussi me telo meo, et feci te coniugem meam, ut scilicet viderer tibi bestia et excideres meum caput ferro quod gerit istos oculos amatores tuos.
* vi è un cambio di soggetto (anacoluto) dovuto all’ira del dio
Ma io ho fatto ciò con superficialità/leggerezza, lo so, e quel famoso arciere io mi sono colpito da solo con la mia arma (quello stesso arciere si è colpito da solo con la sua arma), perché io ti sembrassi certamente una bestia feroce, e tu tagliassi la mia testa con il ferro, testa che porta questi occhi che ti amano
> censebam identitem tibi haec semper cavenda, haec remonebam benivole. Sed quidem illae egregiae tuae consiliatrices dabunt mihi actutum poenas tam perniciosi magisterii, te vero punivero tantum fuga mea.” Et cum termino sermonis pinnis se proripuit in altum.
Io ti consigliavo di guardarti sempre da questi (pericoli), ti avvertivo di queste cose benevolmente. Ma quelle tue egregie consigliere ben presto mi pagheranno la colpa del loro dannoso insegnamento, te invece punirò solo con la mia fuga.” E con la fine del discorso con le ali si lanciò in alto verso il cielo.