Indice

Scienze della Terra

La maggior parte dei dati sulla struttura interna della Terra sono indiretti (la terra ha raggio 6370 km), e sulla loro base è stato costruito un modello tutt'ora valido che coordina tutte le informazioni disponibili a noi. Dopo indagini di laboratorio, sono state scoperte le proprietà dei materiali ritenuti essere presenti sottoterra, in particolare il comportamento in corrispondenza delle tensioni a cui sono sottoposti.

Dal campo gravitazionale terrestre è possibile determinare la densità media del pianeta Terra, e si è giunti alla conclusione che essa è di 5,2 g/cm3. La densità dei materiali internamente deve essere più alta di questa, in quanto la densità dei basalti è di 3 g/cm3 e quella dei graniti è di 2,7 g/cm3.

Discontinuità e strati

Le discontinuità sono punti della crosta in cui vi è una variazione di velocità o direzione di propagazione delle onde sismiche. Una discontinuità è pertanto un cambiamento del materiale o dello stato fisico del mezzo, che determina fenomeni di rifrazione o riflessione delle onde prime (P, longitudinali), e di quelle seconde (S, trasversali).

Esse sono:

Mineralogia Reologia Profondità
crosta litosfera 0 – 3÷90 km
mantello superiore 90 – 100 km
astenosfera 100 – 250 km
mesosfera 250 – 400 km
zona di transizione 400 – 670 km
mantello inferiore 670 – 2900 km
nucleo esterno nucleo 2900 – 5200 km
nucleo interno 5200 – 6371 km

Il mantello presenta correnti convettive che provocano il movimento delle placche. Nel nucleo esterno vi sono inoltre moti convettivi che determinano una disomogeneità di temperatura a livello della base del mantello.

Crosta continentale e oceanica

La crosta è la parte più superficiale del pianeta Terra ed è separata dal mantello dalla discontinuità di Moho. Questa è situata a una profondità variabile a seconda della natura della superficie terrestre in un dato punto: lo spessore della crosta oceanica è molto inferiore rispetto a quello della crosta continentale, e di conseguenza la discontinuità di Moho è rispettivamente meno e più profonda in corrispondenza. Esiste un equilibrio isostatico tra crosta e mantello: con isostasia si intende l'equilibrio gravitazionale che si instaura tra due materiali di densità diversa. In questo caso parliamo di isostasia tra crosta e mantello sottostante: esistono due forze contrapposte: la forza gravitazionale che spinge la crosta verso il basso, e la pressione isostatica (rivolta dal basso verso l'alto) che deriva da un fenomeno analogo alla spinta di Archimede nei fluidi: la costante pressione dovuta alla crosta sovrastante genera una pressione isostatica nel verso opposto.

La crosta continentale ha spessore 30-90 km e densità 2.7 g/cm3. Costituisce il 79% del volume della crosta, ed è formata da rocce sedimentarie e magmatiche (effusive o intrusive), che sovrastano un basamento granitico (rocce intrusive) e sotto ad esso una crosta granitica con elevato grado di metamorfismo.

La crosta oceanica ha spessore 5-15 km e densità 3.0 g/cm3. Costituisce il 59% della superficie della crosta, ed è formata da uno strato superficiale di sedimenti non cementificati (incoerenti, e decisamente meno spessi di quelli della crosta continentale; es. sabbia, ghiaia, argilla), sovrastanti uno strato di basalto e gabbro.

Al di sotto di entrambe, oltre la discontinuità di Moho, il mantello è costituito da peridotite. La parte superficiale del mantello superiore, peridotitico, ha densità 3.3 g/cm3.

Mentre la crosta continentale è eterogenea (ha una struttura e morfologia variabile), la crosta oceanica è maggiormente omogenea. Un'altra importante differenza è che la crosta continentale ha parti molto antiche che risalgono anche a 4 miliardi di anni fa, mentre la crosta oceanica ha circa 170-180 milioni d'anni al massimo; dal momento in cui il pianeta Terra si è raffreddato, la superficie si è raffreddata uniformemente, tuttavia la crosta oceanica è in continuo rinnovo, in quanto più densa di quella continentale.

Una placca oceanica che incontra una placca continentale subduce sotto alla placca meno densa, come se “galleggiasse”.

Il paleomagnetismo ha contribuito a comprendere le diverse caratteristiche delle due croste.

Flusso di calore

A livello astenosferico1) sono presenti celle convettive, appena al di sotto della litosfera. Questi moti convettivi sono il «motore» della tettonica delle placche, responsabili della formazione e movimento delle placche litosferiche. In corrispondenza di una fascia convettiva discendente (dove si avvicinano due correnti convettive che spingono verso il basso), a livello litosferico vi sono spinte di convergenza, mentre in corrispondenza di una fascia convettiva ascendente (due correnti vicine spingono verso l'alto), ciò provoca una distensione superficiale.

I movimenti divergenti, di allontanamento, creano una spaccatura (rift) da cui nel tempo emerge magma che si solidifica diventando lava e con il tempo la genesi di un oceano, e la rigenerazione di crosta oceanica.

In una zona di convergenza vi è l'incontro con conseguente convergenza: se riguarda crosta oceanica (due croste oceaniche che convergono, o una oceanica e l'altra continentale) si forma un'area di subduzione con conseguente subduzione e riduzione della crosta oceanica. Se le due croste che convergono sono continentali, non si ha subduzione ma avviene l'orogenesi (formazione di rilievi).

Se una parte del calore era presente alla formazione della terra, una significativa frazione dell'energia termica proveniente dal nucleo è dovuta al decadimento radioattivo degli elementi presenti nelle rocce. Il calore originario/primordiale, a sua volta ha diverse fonti:

Per quanto riguarda il calore prodotto dal decadimento nucleare:

Campo magnetico terrestre

Il campo magnetico terrestre presenta linee di campo simili a quelle che produrrebbe un magnete posto all'interno della Terra con un'inclinazione di 11° rispetto all'asse terrestre: i poli magnetici non coincidono con quelli geografici: il polo Sud magnetico è in corrispondenza del polo Nord geografico, e viceversa, tuttavia da quando il campo magnetico terrestre si è generato (dopo la genesi della Terra) vi sono stati episodi di inversione della posizione del polo Nord e Sud magnetico. È evidente che non vi può essere una “barra magnetica” che generi il campo magnetico, poiché le elevate temperature del nucleo sono ben superiori al punto di Curie2) dei materiali ferromagnetici presenti al centro della Terra.

La bussola è uno strumento utilizzato per individuare il polo Nord geografico. Se dobbiamo percorrere distanze nell'ordine di grandezza dei chilometri, l'esistenza di una declinazione magnetica (tra polo magnetico/geografico) è trascurabile.

Una delle possibili origini del campo magnetico potrebbe essere il nucleo esterno che si comporta come una dinamo di autoeccitazione: affinché essa funzioni deve esserci un campo magnetico esterno iniziale che inneschi il processo (come un'attività solare particolarmente intensa), e un disco che venga mantenuto in rotazione da forze esterne (nel caso della Terra, l'energia termica e la rotazione terrestre). Nella dinamo di autoeccitazione, se un disco metallico ruota in un campo magnetico perpendicolare allo stesso, si induce in esso una corrente elettrica che, attraverso delle spazzole, passa in una spira amplificando il campo magnetico prodotto dalla spira stessa, che a a sua volta amplifica la corrente che scorre attraverso il disco, e il ciclo si ripete (in condizioni ideali si muoverebbe perpetuamente).

Paleomagnetismo

Il paleomagnetismo ci permette di conoscere la cronologia del campo terrestre le epoche magnetiche del pianeta: si tratta del campo magnetico terrestre che si trova fossilizzato nelle rocce sotto forma di magnetizzazione residua naturale (molto debole): si tratta della magnetizzazione che le rocce acquisiscono, conforme al campo magnetico esistente nell'ambiente, nel momento della loro formazione. Il paleomagnetismo fornisce la paleolatitudine e la paleodirezione del polo, oltre a indicazioni sulle inversioni di polarità.

La magnetizzazione detritica residua è invece quella acquisita dalle rocce sedimentarie durante la sedimentazione e il costipamento. Si parla invece di magnetizzazione chimica residua per riferirsi alla magnetizzazione secondaria acquisita dalle rocce durante i processi diagenetici e metamorfici che portano a nuovi minerali suscettibili di magnetizzazione (ossidi di ferro).

Studi hanno mostrato che nei fondali oceanici esistono fasce oceaniche presentanti anomalie magnetiche positive e negative, con rispettivamente intensità di campo magnetico superiore e inferiore al $\vec{B}$ medio terrestre. Le anomalie magnetiche sono disposte appunto in «fasce magnetiche», simmetriche rispetto alla dorsale oceanica. Questa distribuzione non casuale dimostra che in corrispondenza delle dorsali oceaniche si forma nuovo fondale oceanico.

1)
sino a una profondità di 300 km
2)
temperatura a cui un magnete permanente perde il magnetismo