Come presentato da Adam Smith nel suo magnum opus “Ricerca sulla natura e sulla causa di ricchezza delle nazioni”, la concezione economica fondata sull'illuminismo in Europa era in rapido mutamento. Adam Smith è il padre dell'attuale paradigma di modelli economici e della scienze economica moderna.
Secondo Adam Smith, in pieno accordo con la mentalità illuministica, il mercato così come ogni aspetto della società è mosso da leggi comprensibili e in un equilibrio cosmologicamente virtuoso. La sua dottrina (definibile “liberismo”) sostiene pertanto fondamentale un'economia di libero mercato in cui il Governo non interviene (laissez-faire), poiché il fenomeno macroscopico che emerge dagli interessi individuali dei singoli a beneficiare dalla libertà economica porta a un giovamento all'intera società. Attribuisce un gran valore all'iniziativa dei singoli individui e all'importanza della libera circolazione di merci, mentre il protezionismo è visto come una minaccia per lo sviluppo di un ordine internazionale basato sulla divisione del lavoro tra paesi produttivamente complementari e specializzati in specifiche competenze commerciali. Le forze di mercato (domanda e offerta) sono rappresentate da un ente fisico in chiave provvidenzialistica che Adam Smith chiama la “mano invisibile del libero mercato”
Thomas Malthus sviluppò ulteriormente il pensiero di Smith, giungendo ad una riflessione di tipo economico e demografico sull'aumento della popolazione in Inghilterra tra la fine del diciottesimo e la prima metà del diciannovesimo secolo: secondo Malthus, siccome la produzione di materie prime aumentava linearmente mentre la popolazione aumentava geometricamente, non era più sostenibile per lo Stato occuparsi della povertà; sarebbero dovuti essere gli stessi poveri a limitare i loro ritmi riproduttivi e in particolare evitare i matrimoni precoci. Il problema per Malthus stava proprio nella liberazione sessuale e nel tasso eccessivo di aumento della crescita demografica fuori controllo. Malthus fu il primo a riconoscere la gravità di un fallimento del mercato dinanzi alla sovrapproduzione, dovuta al calo del potere d'acquisto della popolazione che non è più in grado di permettersi le merci realizzate, determinando così una crisi economica.
Nel 1834, spinto dal nuovo pensiero liberista, fu emanato un provvedimento che privava i poveri di alcun sussidio pubblico. Ciò costrinse una migrazione in massa di poveri dalle campagne alle città, alla ricerca di una qualsiasi occupazione che gli consentisse il sostentamento.
Dal 1842 iniziarono a essere abolite le leggi sui cereali e sul granturco (“Corn laws”), che tutelavano gli interessi di determinati grandi proprietari ma limitavano l'efficacia del nuovo assetto capitalistico/liberoscambista allora maggiormente in auge in Inghilterra.
Il socialismo nacque innanzitutto come una critica, da parte di numerosi intellettuali, dei problemi causati dall'industrializzazione dell'Ottocento. Questi individuarono nell'abolizione totale della proprietà privata una soluzione a queste problematiche. Nel nuovo ordine sociale, infatti, la reale ricchezza non risiedeva più nella proprietà terrena di per sé, ma nel capitalismo: lo sfruttamento dei propri capitali per produrre beni e ricevere così proventi. I capitalisti si avvalevano per arricchirsi dei loro capitali (compresi i mezzi di produzione) e della classe operaia (proletariato), che non avendo alcun capitale non gode di alcuna mobilità sociale. I primi ad autodefinirsi “socialisti” in Inghilterra furono i sostenitori dell'imprenditore utopista Owen. Era inizialmente solo un modello prettamente teorico e utopistico, finalizzato a definire una società ideale ma incapace di realizzarsi nel concreto tramite politiche, come osservato da Thomas More che al modello societario ideale dedicò appunto un'opera intitolata Utopia.
Dagli utopisti si distinsero invece i filosofi ed economisti Karl Marx e Friedrich Engels, che anziché socialisti si denominarono “comunisti”. Secondo Marx lo stato deve individuare le cause dell'oppressione dei proletari e occuparsene, eliminandole direttamente. Non è dunque sufficiente che tuteli i diritti dell'uomo e del cittadino così come erano stati definiti nel 1776 e nel 1789: essi infatti erano stati costruiti su un fondamento individualista ed egoistico; non si trattava dei diritti del cittadino, ma del borghese. Nel 1847 Marx ed Engels fondarono la Lega dei Comunisti con lo slogan “Proletari di tutto il mondo, unitevi!”, e nel 1848 scrissero il Manifesto del Partito Comunista. Con Il Capitale (1867) Marx riuscì a dare legittimità e rigore scientifico alla sua concezione della storia e della cultura, esponendo il concetto del surplus/plusvalore.