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Pascoli
Dove D'Annunzio si pone come personaggio eccezionale, superuomo, Giovanni Pascoli invece è tramandato per la sua vita appartata. Pascoli amava farsi fotografare nella sua casa di campagna, davanti a un caminetto, con i suoi cani e il fucile da caccia. Egli vantava una vita da gentiluomo di campagna, immagine tuttavia falsata: era un alcolista e morì di cirrosi epatica, sebbene molto della sua vita rimase nascosto, i funerali furono privati e il motivo ufficiale della morte fu un presunto tumore al fegato. Questo personaggio si presta particolarmente a un tipo di psicanalisi che riporta un quadro particolarmente critico.
Vita
Quarto di dieci figli in una famiglia campagnola benestante (il padre gestiva la tenuta dei principi di Torlonia), Giovanni Pascoli trascorre la prima infanzia a casa e in seguito si reca in un collegio a Urbino, presso i Frati Scoloti. Il padre, un giorno, viene ucciso a fucilate per strada da colui che in seguito diviene amministratore in sue veci. Pascoli cade in povertà e riesce a restare al collegio dei per il suo merito, mediante una borsa di studio. In seguito muore anche la madre, e a 13 anni si trova orfano di entrambi i genitori: si occupa di lui il fratello Giacomo, mentre in seguito muore il suo fratello Luigi di meningite, e morirà anche Giacomo. Dei suoi fratelli, restano in vita solo le due sorelline Ida e Maria, che vivono in orfanotrofio, e un suo altro fratello con cui non ha una grande relazione.
Pascoli diventa l'allievo prediletto di Carducci, che gli fa avere aiuti economici. Pascoli aveva una tendenza bohémien, e trascorre un semestre nell'ozio e nella sregolatezza, finché non viene ammonito da Carducci e cambia atteggiamento. Nel 1975 aderisce agli ambienti del socialismo, e avendo manifestato gli viene tolta per un periodo la borsa di studio; nel frattempo muore il fratello Giacomo, l'ultimo a tenere le redini della famiglia. L'ultima sfortuna che lo porta a rivedere la sua esistenza sono i 6 mesi di carcere che seguono al suo arresto per avere partecipato a un'altra manifestazione socialista.
L'esperienza del carcere lo segna profondamente, e alla sua uscita non parteciperà più attivamente alla vita politica. Cerca di uscire da ogni rischio di subire ripercussioni, e mantiene le sue amicizie socialiste ma si distacca dal pensiero socialista della lotta di classe e del luddismo, restando in un'ottica cristiana di fedeltà dei lavoratori al padrone. Laureatosi dopo nove anni nel 1882 in Lettere, ottiene una cattedra a Matera, insegnando in un Liceo locale. Continuando a chiedere trasferimenti torna in Toscana, insegnando prima a Massa e poi a Livorno.
Pascoli collaborava in parte con D'Annunzio, ed aveva assunto una certa fama. Con l'idea di ricostruire il nido familiare1), Pascoli convive con le due sorelle, ma tale convivenza è ambigua: dalle lettere dello stesso si evince che Pascoli amasse la sorella Ida, e che vedesse Maria come una sorta di figlia in un matrimonio incestuoso; Maria è gelosa e costringe Ida a sposarsi, il che è un duro colpo per Pascoli. Maria, che Pascoli chiama «Mariù» non si sposa mai, convive tutta la vita con Pascoli e impedisce a Giovanni di fidanzarsi. Alla morte di Pascoli, Mariù è diventata la curatrice dell'Archivio Pascoli.
Il nido familiare, per Pascoli, è legato alla pura consanguineità della famiglia: è un nucleo impenetrabile che non può essere violato, e il tentativo di qualcuno esterno alla famiglia di entrarvi è visto come una tragedia.
Pascoli gareggia ogni anno al concorso di traduzione o composizione di testi latini ad Amsterdam, vincendo dodici volte consecutive, dimostrando una capacità eccezionale di uso delle lingue latine. Egli vende le medaglie d'oro e si compra una casa a Castelvecchio di Barga (1895); per un periodo insegna presso Università, prima a Messina, e nel 1903 viene chiamato a Pisa, infine nel 1904 diventa il successore dell'amico Carducci, assumendone la cattedra a Bologna e prendendo anche la figura di Vate d'Italia, ruolo che per Pascoli esula dal proprio personaggio ma, per senso di responsabilità e amicizia dell'amico in pensione, lo ricopre fino all'ultimo giorno di vita.
Opere
Raccolte
- Myricae (1891)
Una raccolta di una ventina di composizioni, che continua a ripubblicare estendendola con nuove opere, raggiungendo un centinaio. Il nome2), ispirato alle Georgiche di Virgilio, è scelto in quanto “non tutti amano le umili tamerici”: manifesta che è una raccolta delle “piccole cose” - Poemetti 1897
- Canti di Castelvecchio 1903
- Canti Conviviali 1904
Pensiero
Assieme a D'Annunzio rappresenta il Decadentismo italiano, ed è apparentemente paradossale che entrambi appaiano l'uno come il superuomo, l'altro come il fanciullino, figure opposte che in realtà hanno in comune il tentativo di superare il disprezzo per gli intellettuali (diffuso tra fine Ottocento e inizio Novecento). Pascoli individua il fanciullino come la figura capace di guidare gli adulti nel recuperare ciò che non sono più in grado di vedere, con l'ingenuità.
Mentre Pascoli studia in un liceo estremamente tradizionale, l'intero mondo è permeato da un entusiasmo positivista per le materie scientifiche, e infatti le sua propensione per le scienze è vista nel suo nominare con l'esatto nome latino le piante e gli uccelli: ha una conoscenza ornitologica e botanica fuori dal comune per essere un letterato, e questa conoscenza emerge dalla precisione classificatoria con cui nomina tassonomicamente questi elementi naturali. La personalità di Pascoli è parecchio complessa, e già in questa sua tendenza a nominare e classificare individuiamo in realtà uno strumento non tanto per definire le cose come sono, quanto una sorta di «parola magica» con cui il poeta può scoprire la realtà dietro alle cose. Individuando queste piante e uccelli come simbolo della realtà nascosta dietro al visibile, il loro nome è una espediente per scoprire un altro mondo: l'indole è pertanto decadente. Tutto ciò che allude al misterioso è sempre tragico: le poesie di Pascoli presentano sempre le immagini della morte, della solitudine e della tragicità dell'esistenza.
Pascoli è un poeta convenzionale, pertanto non nega l'esistenza di Dio ma non se ne occupa. Dio in Pascoli è quella certezza che un autore nato in una famiglia borghese ha ricevuto con la prima educazione, ma non vi è mai in Pascoli una discussione teologica. Il Cristianesimo prende in seguito il ruolo del Socialismo, da cui Pascoli è rimasto scottato, nel proporsi come idea di fratellanza.
Di poco positivista, Pascoli ha indubbiamente la consapevolezza che l'ordine della realtà che individua è solo apparente, e le immagini che descrive sono evocative di un mistero in cui non vi è ordine: il mondo reale è disordinato, sconosciuto, tragico. Il simbolo3) è un oggetto caricato di un altro significato. Il termine tecnico è la «bacchetta magica», che non essendo familiare al lettore suscita più facilmente suggestioni, a volte anche fono-simboliche, di ciò che sta dietro. Anche stando dietro al nido familiare, i morti vengono comunque e forzosamente a presentarsi, ricordando tutti i lutti familiari e le tragedie della propria vita.
Secondo Pascoli, tutti gli uomini hanno dentro di sé un fanciullino, rimasuglio di ciò che siamo stati nell'infanzia. Questa teoria è presente ne Il fanciullino, che appare in una rivista letteraria, “Il Marzocco”. Passando dall'infanzia alla giovinezza, questa immagine è stata repressa, in quanto abbiamo tolto la spontaneità e l'ingenuità sostituendola in noi con la ragione. Il fanciullo, rimasto in noi, carpisce le cose molto meglio dell'adulto: è capace di approcciarsi alle cose in maniera arazionale, non sapendo cosa sono e dando anche loro nomi diversi da quelli razionali; Pascoli chiama il fanciullino un «nuovo Adamo», come il primo uomo sulla terra che ha dovuto dare il nome alle cose che ha incontrato sulla Terra. Il fanciullino può guardare anche per ore qualcosa su cui l'adulto non si sofferma mai: la gerarchia delle cose dal piccolo al grande viene abbattuta e sostituita dall'analogia; l'approccio con gli oggetti non è logico ma soggettivo.
Se vogliamo conoscere realmente la realtà, dobbiamo attingere da questo fanciullino, e acquisire la conoscenza pre-razionale, liberandoci da tutte le categorie di pensiero a cui siamo abituati. Chi, di tutti gli uomini ha il fanciullino più cresciuto in sé è il poeta. I poeti sono coloro che hanno la dimensione del fanciullino “grande”, mentre gli uomini di scienza hanno spento questa capacità intuitiva. Il poeta è pertanto il “sacerdote” attraverso le cose, che cattura i legami segreti dei misteri della realtà che l'adulto razionale non può vedere più. Non è una poesia con un messaggio collettivo, ma il significato è puro, individuale e assolutamente disinteressato. Il messaggio morale è slegato da ogni ideologia o partito politico, ma è rappresentazione dell'esempio di come il messaggio di sé viene trasmesso.
Così come per Leopardi, il tema dell'infanzia è dunque visto come una sorta di «paradiso perduto» da cui l'autore si sente estromesso. Il fanciullino non si avvale degli strumenti della ragione, bensì dell'intuizione, della fantasia e dell'immaginazione. A distinguere il fanciullo pascoliano da quello leopardiano è soprattutto la capacità del primo di distinguere relazioni segrete tra le cose, nonché l'espressione non-logica, che era invece logica in Leopardi (era pur sempre un uomo di pieno Ottocento).
Il fanciullino, pubblicato nel 1897 su “Il Marzocco”, ha le seguenti caratteristiche:
- È un diminutivo «affettuoso» in quanto richiama la predilezione per il mondo perduto dell'infanzia
- Tutti hanno in sé il fanciullino, ma non a tutti parla con la stessa potenza e solo il poeta lo ascolta → ciò che per D'Annunzio è il superuomo, per Pascoli è il fanciullino
- Il poeta/fanciullino si rapporta in maniera spontanea con il mondo, facendo uso di:
- fantasia
- immaginazione
- processi a-logici/a-razionali del pensiero
(novello adamo) ← filosofia di Platone
Il centro dell'interesse di Pascoli per il fanciullino non è così fuori contesto in Europa: anche Freud, ad esempio, dedica moltissimo spazio allo studio dell'infanzia, e nascono i primi metodi educativi (es. Montessori). Mentre Freud vede nel fanciullo la progressione dello sviluppo della sessualità futura, Pascoli esclude tutto ciò che non è legato all'amore fraterno. Il fanciullino è chi abbraccia tutti come fossero fratelli e sorelle, e mancano del tutto riferimenti all'esterno del nido familiare: questa ossessione per la famiglia nasce dal suo desiderio di ricostruire la famiglia che gli è stata strappata.
Pascoli, dopo la sua esperienza negativa, rifiuta la sua lotta di classe, che considera improponibile, mentre si sposta su un ideale di “socialismo utopistico/umanitario” dove ciascuno deve trovare, nel mondo «cattivo», una felicità che scaturisce dall'essere soddisfatti di ciò che si ha: anche se si soffre la sofferenza è educativa, e le classi anziché farsi lotta tra loro dovrebbero collaborare per un benessere comune basato sull'amore per il prossimo.