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Pirandello
Pirandello è siciliano, si laurea a Bonn (ha anch'egli una base tedesca) e parte con una raccolta di poesie. Si dedica subito dopo a novelle e romanzi. Di Pirandello ricordiamo una situazione familiare a contatto con la pazzia: la moglie dava segni di squilibrio, e in una situazione economica difficile (perde le sue miniere di zolfo), la moglie peggiora la propria condizione.
Il teatro è l'ultima cosa a catturarlo: inizialmente si ha il teatro naturalistico/siciliano, poi il teatro dell'assurdo (v. Enrico IV) e infine il teatro mitico. Essendo diventato accademico d'Italia, viene finanziato; egli appare come una figura ambigua nel suo legame con il fascismo: egli è ideologicamente opposto al fascismo (non apprezza le regole fisse imposte dall'alto). Chiede di essere seppellito da solo nella bara meno costosa in assoluta, rifiutando di diventare memoria del regime. Pirandello accetta tuttavia il fascismo in quanto in grado di fornire un ordine come compensazione del disordine nella mente di Pirandello, ma soprattutto perché il PNF finanziava l'arte e questo era necessario per portare avanti il teatro. Essendo dipendente strettamente dal pagamento, ha bisogno di un finanziamento del partito fascista.
Un elemento chiave è l'umorismo: la poetica di Pirandello, quella dei romanzi e quella del teatro, si basa sul testo L'umorismo pubblicato attorno al 1908 che costituisce una base di indagine del cosiddetto “sentimento del contrario”: l'umorismo non nasce solo da una situazione straniante, ma anche dalla pietà con cui consideriamo le condizioni di questo straniamento. L'umorismo è un'arte fuori di chiave, che non segue la linea giusta ma si sviluppa in quanto stridente rispetto alla normalità. Insieme alla situazione ridicola viene scandagliato, identificato anche il fondo dolente di questa realtà. È possibile generare immagini armoniche, che ordinano il mondo, ma che disgregano le certezze esistenti, impedendo di andare avanti a pensare come prima alla luce di una nuova verità, con la stessa dignità di quella che già possiedo. Il reale è scomponibile in tanti elementi dall'arte.
Opere
Pirandello scrive un gran numero di novelle, che raccoglie in Novelle per un anno. Esse sono divise in:
- novelle siciliane (minori) → hanno ancora un elemento veristico, legate all'ambiente della Sicilia con una descrizione dell'ambiente sociale di tale regione, ricordando le novelle di D'Annunzio
- novelle borghesi → piacciono maggiormente a Pirandello: la classe borghese è quella che meglio esprime il concetto della trappola sociale, in cui l'uomo non può essere sé stesso e deve assumere una maschera, sul lavoro e in famiglia. La maschera rimane parte di sé stesso, in quanto per ogni parte della vita ha un ruolo, e togliendosi le maschere resta un nessuno. Se si toglie la maschera esce dalla storia, con la morte o con la pazzia, divenendo forestiere della vita.
Il fu Mattia Pascal
La trama è presente, ed è raccontato il tentativo di fuga dalla realtà e costruzione di una nuova vita, tuttavia il testo è frammentato, e viene presentato come flashback, con tanto di introduzione («maledetto sia Copernico»1)), un Mattia Pascal che racconta cosa è successo e ritorno al presente. Vi sono tanti personaggi (seppur non quanti nei Malavoglia) e continuano a inserirsi persone, dando un'impressione dell'individuo che diventa anonima, giustificando il tentativo di fuga con il desiderio di sentirsi individuo che si staglia dalla massa. Sono presenti tanti colpi di scena, eventi improponibili, che cercano di colpire la nostra attenzione (es. sedute spiritiche2)). La trama si sgretola, impedendoci di costruire il personaggio a tutto tondo, dandoci invece la dissoluzione del personaggio.
Un romanzo di formazione vede la maturazione del personaggio, che in effetti vi è in Mattia Pascal. Ma la presa di coscienza per il protagonista non è positiva, in quanto non contribuisce a migliorare la sua esistenza, ma lo frammenta, rendendolo consapevole dell'impossibilità di ritornare alla propria vita originale essendo cambiato. Il protagonista vede gli altri vivere, ma è diventato il fu, come se fosse morto, avendo rinunciato a ogni relazione sociale.
La trama vuole descrivere il mondo come inspiegabile, e il lettore non deve seguire il personaggio come modello, ma come specchio che dimostra il (non-)senso della vita. Togliendosi la maschera, rimangono all'uomo poche soluzioni: indossarla con consapevolezza e saperla gestire (arte padroneggiata da pochi), indossarne un'altra o togliersi la vita. A differenza di in Manzoni, il romanzo mostra le bizzarrie della vita, che non è un mezzo per ricondurci alla verità o a quanto è spiegabile.
Come in Zeno, il protagonista racconta i fatti in prima persona, costituendo un narratore omodiegetico, nonché autodiegetico (chi narra è il protagonista): un solo narratore che parla di sé stesso. In prima persona, egli racconta come spettatore i fatti di un altro personaggio, a cui assiste. Tutto il mondo che leggiamo ne Il fu Mattia Pascal è letto dagli occhi del protagonista. Il livello di attendibilità è quello di Zeno: nel caso di quest'ultimo tuttavia sapevamo che si trattasse di un memoriale di un caso psichiatrico, che mente spudoratamente; Mattia Pascal recupera dal ricordo con informazioni che gli sfuggono, le incertezze non sono volute, ed egli stesso dichiara che il suo stato d'animo dell'epoca non coincide con lo stato d'animo che racconta. Non vi è inoltre un'attendibilità vera e propria: Pascal all'inizio parla della sua vita, e dice di aver riconosciuto il padre; alcune pagine dopo, dichiara di non averlo mai conosciuto: Pirandello deve mostrare al lettore che ciò che legge potrebbe non essere vero.
Il tema principale del romanzo è quello del doppio. Il soggetto, per mostrare la sua identità, ci fa vedere le sue maschere: se toglie quella di Mattia, deve indossare quella di Adriano3) Meis, e anche quella di Adriano Meis gli sta stretta. Il negativo messaggio è che non si può vivere senza la società, e se viviamo in società siamo infelici in quanto incompleti, frammentati, e nessuno potrà mai conoscermi in tutto e per tutto.
Mattia Pascal ha un difetto fisico, l'occhio strabico, e questo contribuisce all'immagine di un uomo che non possiede una visione univoca della vita. Pascal è spinto a scappare dal caso, non come una fuga pianificata, ma per via dell'articolo di giornale in cui viene dato per morto: la vita è dominata dal caso, e il tema del gioco d'azzardo è pertanto presente nell'opera.
L'estensione del principio di maledetto sia Copernico è presente nell'episodio dello strappo nel cielo di carta: a teatro, nell'Elettra, c'è Oreste che deve uccidere Clitemnestra e l'amante, a seguito dell'uccisione di Agamennone. Nel maggiore dei drammi, la tragedia si concentra sullo stato d'animo che prende la decisione. Vi è il solito patto tra spettatore e attore, tuttavia improvvisamente la coreografia cade: lo spettatore torna in sé, si accorge che sta assistendo a una storia finta, e dietro al cielo di carta ricompare il teatro. Il peggio è Oreste, consapevole che lo spettatore ha svelato l'artificiosità della situazione. La metafora rappresenta l'uomo che si accorge delle convenzioni, maschere e della propria ipocrisia, egli torna consapevole che la vita è «tutta una pupazzata»; non è dunque possibile tornare a essere come prima, avendo compreso il gioco, e ci si può solo staccare e guardare la vita come “forestiere”, diventando tuttavia impossibile relazionarsi in sincerità con gli altri, se non molto parzialmente.
Si giunge alla «lanterninosofia»: nella casa dove va a stare Adriano Meis vi è Paleari, che rappresenta la voce di Pirandello nel romanzo; è un personaggio che ogni tanto si lascia andare a tutte le sue teorie: il nostro dramma è che non capiamo che la nostra vita dovrebbe essere trascorsa al buio. Durante la vita abbiamo ideali che portiamo in giro come lanternine (il mos maiorum, il concetto di patria, di fede, ecc.); essi sono attinti da una grande lanterna, i grandi ideali. La fede singola è dunque una porzione del grande ideale, la Fede, da cui attinge, così come la cultura individuale proviene dall'intera Cultura universale. A volte per via di una crisi i lanternoni si spengono, e precipitiamo nel buio, non avendo più «l'olio»: questo buio è in realtà la nostra vita, seppur noi pensiamo che non ci sia più niente. Quando i lanternoni si spengono entriamo nella vita, ed è solo con la luce che ci fossilizziamo sulla vita. La “vera” vita è precipitare nel niente, e il buio è la paura del niente, dovuta alla presenza delle lanterne. La nostra mancanza di spontaneità è dovuta a una ricerca dissennata del cono di luce. Bisogna accettare la perdita dei nostri punti di riferimento storici.
Quaderni di Serafino Gubbio operatore
Nel 1915 Pirandello scrive Quaderni di Serafino Gubbio operatore come romanzo di passaggio a Uno, nessuno e centomila. La tematica è più sociale, e afferisce alla dialettica uomo/macchina. D'Annunzio è il primo a giustificare la modernità4). Il titolo originale era Si gira…. Il testo è costituito da sette diari di un operatore cinematografico, che viene assunto da una ditta di Roma. Entrando nella casa cinematografica, un giorno deve girare una scena in cui un attore salva l'attrice protagonista da una tigre; la tigre è vera e dovrebbe essere liberata con tutti i controlli del caso all'ultimo momento, e dovrebbe girare la scena in cui la tigre sta per azzannare la donna, e poi la tigre verrebbe ripresa. Non vi era una grande attenzione per gli animali, e l'attore avrebbe dovuto in effetti uccidere la tigre, ma nel momento di uccidere la tigre, uccide la donna: si scopre che la donna non lo ricambiava e per vendetta spara alla donna; la tigre mangia lui. Serafino Gubbio è così scioccato che non riesce a smettere di riprendere, così shockato che non riesce con la manovella a interrompere la registrazione della scena, divenendo un unico braccio, perdendo la voce per il terrore: diventa muto. Si tratta di una testimonianza diretta scritta, e non ha alcuna comunicazione diretta se non quella del quaderno.
Il tema centrale è il cinema e i nuovi linguaggi cinematografici che stavano nascendo. Il cinema, linguaggio nuovo, piace e ha un grande successo. Si tratta ancora di cinema muto ma avevano inizio le prime sperimentazioni di cinema con la voce. Il testo risente del successo del cinema e dell'euforia che si stava creando nei confronti di questa nuova arte: è riflesso della modernità che ha come conseguenza l'uccisione della tradizione, e che soprattutto ha sempre risvolti nell'ambito militare. Pirandello vuole mettere in guardia dal pericolo che la tecnica disumanizzi l'umanità, diventando solo ed esclusivamente un braccio, senza alcun aspetto umano. Vi è talmente poca umanità in Serafino Gubbio che dal momento in cui avviene il dramma resta pietrificato, senza tentare una reazione come un altro oggetto. Un'altra polemica contro la nuova tecnica è la perdita del labor limae, e la nascita dell'industria di massa: quest'ultimo elemento è rappresentato dal cinema ormai divenuto automatico.