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Svevo
Italo Svevo (nato come Ettore Schmiz) era di famiglia ebraica. I letterati italiani finora avevano studiato nelle università o da autodidatti. Svevo prende un diploma di tipo commerciali, senza uno studio classico, senza studiare greco o latino: è un letterato atipico. Mentre è alle commerciali studia una serie di autori tedeschi. In seguito scrive articoli di varia natura per il giornale L'indipendenza: è una rivista che inneggia all'irredentismo. Nel 1980 il padre, commerciante, fallisce: Svevo sperimenta sulla propria pelle cosa significa declassarsi. Ettore si fa assumere presso una banca a Trieste, e per 20 anni vi lavora. È in questo periodo che si documenta leggendo i classici italiani e scrive il primo romanzo Una vita.
Si sposa; la moglie è ricchissima: viene da una dinastia di veneziani che producevano vernici antiruggine, molto richiesti per uso militare. Quando negli anni '20 prende il posto del suocero nell'azienda, Svevo smette di scrivere e anzi rinnega la sua arte letteraria: sente già il conflitto tra l'intellettuale e l'imprenditore.
Alla Berlitz School, Svevo conosce Joyce che insegna inglese. I due si scambiano le loro produzioni, e le opere dell'uno piacciono all'altro reciprocamente. Svevo si avvicina alla psicanalisi seguendo qualche lezione, e suo cognato, paziente fisso di Freud a Vienna, gli racconta tutte le teorie di Freud.
Nel 1923 Svevo pubblica il romanzo La coscienza di Zeno, su consiglio di Joyce; il romanzo non viene letto, e Svevo disperato scrive a Joyce che nel frattempo si trova a Parigi. Joyce fa tradurre e pubblica il romanzo in francese. In Francia ha un successo clamoroso, e dunque acquisisce popolarità anche in Italia: il primo a parlarne è Montale, che scrive un articolo a proposito.
Un romanzo così nuovo deve essere per forza originato da un personaggio sopra le righe. Nato a Trieste, città di confine, nella cultura di Svevo vi è sia l'elemento austro-ungarico, sia la quello balcanico. Svevo non studia al liceo classico, e viene da una famiglia ebraica: la sua cultura è incredibilmente particolare. Della cultura tedesca dell'Ottocento apprezza soprattutto Nietzsche, con la dicotomia tra apollineo e dionisiaco, e Darwin, che sostiene che nel mondo ci siano individui che riescono ad avere successo, contrapposti ad altri che non aveno le capacità devono soccombere alla forza della natura.
Svevo legge Marx in tedesco, e sa pertanto come affrontare la materia. Da questi ricava la conclusione che determinati comportamenti sociali sono conseguenza delle relazioni tra le classi: il modo in cui un uomo si comporta nella società dipende dalla sua condizione, secondo una concezione quasi naturalistica1) per cui l'uomo è prodotto della classe sociale. Dal Marxismo recupera inoltre una certa ironia nei confronti della classe borghese, quella che conosce meglio e la più condizionata dalle circostanze; egli non tratta affatto il concetto di lotta di classe e il comunismo di Marx.