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Scienze della Terra
La maggior parte dei dati sulla struttura interna della Terra sono indiretti, e sulla loro base è stato costruito un modello tutt'ora valido che coordina tutte le informazioni disponibili a noi. Dopo indagini di laboratorio, sono state scoperte le proprietà dei materiali ritenuti essere presenti sottoterra, in particolare il comportamento in corrispondenza delle tensioni a cui sono sottoposti. Dal campo gravitazionale terrestre è possibile determinare la densità media del pianeta Terra, e si è giunti alla conclusione che essa è di 5,2 g/cm3. La densità dei materiali internamente deve essere più alta di questa, in quanto la densità dei basalti è di 3 g/cm3 e quella dei graniti è di 2,7 g/cm3.
Le discontinuità sono punti della crosta in cui vi è una variazione di velocità o direzione di propagazione delle onde sismiche. Una discontinuità è pertanto un cambiamento del materiale o dello stato fisico del mezzo.
L'unico strato fluido all'interno della terra è il nucleo esterno, dove le onde S si bloccano totalmente.
- 0-100 km di profondità → litosfera — “fascia solida” del mantello superiore (mantello litosferico/LID): le onde si propagano alla massima velocità per via della rigidità e della composizione peridotitica (ultrabasica)
- 100-250 km di profondità → astenosfera — “fascia debole”: le onde sismiche si propagano a bassa velocità; la minore densità provoca una minore rigidità e un comportamento plastico: il materiale è deformabile, sottoposto a sforzo si deforma e resta deformato
Sotto ai 100 km c'è l'astenosfera, che presenta una piccola percentuale (~10%) di materiale allo stato liquido → si presentano moti circolari convettivi, causa della frammentazione della litosfera e del movimento delle placche. Essi regolano i fenomeni sismici di origine tettonica che si manifestano in corrispondenza dei margini delle placche - 250+ km di profondità → mesosfera — parte del mantello rigida e poco deformabile, che si frappone tra l'astenosfera e il nucleo
Il mantello presenta correnti convettive che provocano il movimento delle placche. Nel nucleo esterno vi sono inoltre moti convettivi che determinano una disomogeneità di temperatura a livello della base del mantello.
Crosta continentale e oceanica
La crosta è la parte più superficiale del pianeta Terra ed è separata dal mantello dalla discontinuità di Moho. Questa è situata a una profondità variabile a seconda della natura della superficie terrestre in un dato punto: lo spessore della crosta oceanica è molto inferiore rispetto a quello della crosta continentale, e di conseguenza la discontinuità di Moho è rispettivamente meno e più profonda in corrispondenza. Esiste un equilibrio isostatico tra crosta e mantello: con isostasia si intende l'equilibrio gravitazionale che si instaura tra due materiali di densità diversa. In questo caso parliamo di isostasia tra crosta e mantello sottostante: esistono due forze contrapposte: la forza gravitazionale che spinge la crosta verso il basso, e la pressione isostatica (rivolta dal basso verso l'alto) che deriva da un fenomeno analogo alla spinta di Archimede nei fluidi: la costante pressione dovuta alla crosta sovrastante genera una pressione isostatica nel verso opposto.
La crosta continentale ha spessore 30-90 km e densità 2.7 g/cm3. Costituisce il 79% del volume della crosta, ed è formata da rocce sedimentarie e magmatiche (effusive o intrusive), che sovrastano un basamento granitico (rocce intrusive) e sotto ad esso una crosta granitica con elevato grado di metamorfismo.
La crosta oceanica ha spessore 5-15 km e densità 3.0 g/cm3. Costituisce il 59% della superficie della crosta, ed è formata da uno strato superficiale di sedimenti non cementificati (incoerenti, e decisamente meno spessi di quelli della crosta continentale; es. sabbia, ghiaia, argilla), sovrastanti uno strato di basalto e gabbro.
Al di sotto di entrambe, oltre la discontinuità di Moho, il mantello è costituito da peridotite. La parte superficiale del mantello superiore, peridotitico, ha densità 3.3 g/cm3.
Mentre la crosta continentale è eterogenea (ha una struttura e morfologia variabile), la crosta oceanica è maggiormente omogenea. Un'altra importante differenza è che la crosta continentale ha parti molto antiche che risalgono anche a 4 miliardi di anni fa, mentre la crosta oceanica ha circa 170-180 milioni d'anni al massimo; dal momento in cui il pianeta Terra si è raffreddato, la superficie si è raffreddata uniformemente, tuttavia la crosta oceanica è in continuo rinnovo, in quanto più densa di quella continentale.
Una placca oceanica che incontra una placca continentale subduce sotto alla placca meno densa, come se “galleggiasse”.
Il paleomagnetismo ha contribuito a comprendere le diverse caratteristiche delle due croste.
Flusso di calore
A livello astenosferico1) sono presenti celle convettive, appena al di sotto della litosfera. Questi moti convettivi sono il «motore» della tettonica delle placche, responsabili della formazione e movimento delle placche litosferiche. In corrispondenza di una fascia convettiva discendente (dove si avvicinano due correnti convettive che spingono verso il basso), a livello litosferico vi sono spinte di convergenza, mentre in corrispondenza di una fascia convettiva ascendente (due correnti vicine spingono verso l'alto), ciò provoca una distensione superficiale.
I movimenti divergenti, di allontanamento, creano una spaccatura (rift) da cui nel tempo emerge magma che si solidifica diventando lava e con il tempo la genesi di un oceano, e la rigenerazione di crosta oceanica.
In una zona di convergenza vi è l'incontro con conseguente convergenza: se riguarda crosta oceanica (due croste oceaniche che convergono, o una oceanica e l'altra continentale) si forma un'area di subduzione con conseguente subduzione e riduzione della crosta oceanica. Se le due croste che convergono sono continentali, non si ha subduzione ma avviene l'orogenesi (formazione di rilievi).
Se una parte del calore era presente alla formazione della terra, una significativa frazione dell'energia termica proveniente dal nucleo è dovuta al decadimento radioattivo degli elementi presenti nelle rocce. Il calore originario/primordiale, a sua volta ha diverse fonti:
- conversione dell'energia cinetica in termica (frammenti che urtavano la superficie terrestre)
- conversione dell'energia gravitazionale in termica (catastrofe del ferro)
- riscaldamento adiabatico
- radioattività di isotopi radioattivi a vita breve (provenienti da una supernova)
Per quanto riguarda il calore prodotto dal decadimento nucleare:
- la crosta continentale (ricca di granito) contiene diversi isotopi (es. $\ce{^40 K}$, $\ce{^232 Th}$, $\ce{^235 U}$ e $\ce{^238 U}$)
- la crosta oceanica non presenta significativa attività nucleare a livello di crosta, bensì il flusso di calore proviene dalle profondità del sottosuolo
Campo magnetico terrestre
Il campo magnetico terrestre presenta linee di campo simili a quelle che produrrebbe un magnete posto all'interno della Terra con un'inclinazione di 11° rispetto all'asse terrestre: i poli magnetici non coincidono con quelli geografici: il polo Sud magnetico è in corrispondenza del polo Nord geografico, e viceversa, tuttavia da quando il campo magnetico terrestre si è generato (dopo la genesi della Terra) vi sono stati episodi di inversione della posizione del polo Nord e Sud magnetico. È evidente che non vi può essere una “barra magnetica” che generi il campo magnetico, poiché le elevate temperature del nucleo sono ben superiori al punto di Curie2) dei materiali ferromagnetici presenti al centro della Terra.
La bussola è uno strumento utilizzato per individuare il polo Nord geografico. Se dobbiamo percorrere distanze nell'ordine di grandezza dei chilometri, l'esistenza di una declinazione magnetica (tra polo magnetico/geografico) è trascurabile.
Una delle possibili origini del campo magnetico potrebbe essere il nucleo esterno che si comporta come una dinamo di autoeccitazione: affinché essa funzioni deve esserci un campo magnetico esterno iniziale che inneschi il processo (come un'attività solare particolarmente intensa), e un disco che venga mantenuto in rotazione da forze esterne (nel caso della Terra, l'energia termica e la rotazione terrestre). Nella dinamo di autoeccitazione, se un disco metallico ruota in un campo magnetico perpendicolare allo stesso, si induce in esso una corrente elettrica che, attraverso delle spazzole, passa in una spira amplificando il campo magnetico prodotto dalla spira stessa, che a a sua volta amplifica la corrente che scorre attraverso il disco, e il ciclo si ripete (in condizioni ideali si muoverebbe perpetuamente).
Paleomagnetismo
Il paleomagnetismo ci permette di conoscere la cronologia del campo terrestre le epoche magnetiche del pianeta: si tratta del campo magnetico terrestre che si trova fossilizzato nelle rocce sotto forma di magnetizzazione residua naturale (molto debole): si tratta della magnetizzazione che le rocce acquisiscono, conforme al campo magnetico esistente nell'ambiente, nel momento della loro formazione. Il paleomagnetismo fornisce la paleolatitudine e la paleodirezione del polo, oltre a indicazioni sulle inversioni di polarità.
La magnetizzazione detritica residua è invece quella acquisita dalle rocce sedimentarie durante la sedimentazione e il costipamento. Si parla invece di magnetizzazione chimica residua per riferirsi alla magnetizzazione secondaria acquisita dalle rocce durante i processi diagenetici e metamorfici che portano a nuovi minerali suscettibili di magnetizzazione (ossidi di ferro).
Studi hanno mostrato che nei fondali oceanici esistono fasce oceaniche presentanti anomalie magnetiche positive e negative, con rispettivamente intensità di campo magnetico superiore e inferiore al $\vec{B}$ medio terrestre. Le anomalie magnetiche sono disposte appunto in «fasce magnetiche», simmetriche rispetto alla dorsale oceanica. Questa distribuzione non casuale dimosrtra che in corrispondenza delle dorsali oceaniche si forma nuovo fondale oceanico.
Storia delle Teorie Evolutive
Sia in ambito biologico, che nell'ambito delle Scienze della Terra, è avvenuto il passaggio da una concezione fissista a una concezione evoluzionista; per quanto riguarda la biologia, si è passati per varie fasi che hanno portato sino alla teoria evolutiva di Darwin: nel Settecento prevaleva il fissismo, con origini antiche (dai tempi di Aristotele) che si era consolidato con la diffusione della concezione cristiana con cui era più facilmente coerente un modello fissista del mondo.
La prima teoria evolutiva di Lamarck, oggi ampiamente smentita e facilmente criticabile dagli stessi contemporanei, fu tuttavia il primo tentativo di abbandonare la teoria fissista. È notevole il contributo degli studiosi di Scienze della Terra, tra cui Hutton, che a fine '700 aveva proposto la teoria dell'attualismo: Hutton aveva osservato la geomorfologia del paesaggio e come le modificazioni avvenissero in modo lento, e aveva proposto che nel tempo fossero avvenute trasformazioni del pianeta Terra in tempi lenti, anche nel passato. La teoria dell'attualismo ha riportato indietro la storia della Terra in un tempo più antico di quanto lo si potesse ipotizzare all'epoca: solo ammettendo che la vita si sia formata miliardi (e non milioni) di anni fa possiamo giustificare tutti i cambiamenti che hanno portato alla complessità degli organismi oggi presenti partendo dalla cellula primordiale. È degno di menzione il contributo di Cuvier (fissista), che aveva confrontato la struttura di organismi estinti osservando i fossili, e aveva notato che avevano caratteristiche differenti rispetto a quelli attuali: aveva proposto la cosiddetta Teoria del Catastrofismo, secondo cui catastrofi del passato avevano provocato l'estinzione della maggior parte dei viventi, e ne erano sopravvissuti solo alcuni. Su questa teoria si sono basate altre successive, come quella proposta da Agazi, che proponeva più creazioni per giustificare l'assenza tra i fossili di organismi moderni.
Alcuni scienziati ritenevano, come Darwin, che potesse essere avvenuta un'evoluzione, e tale ipotesi prese piede progressivamente: l'idea fu proposta dopo che Darwin compì il suo viaggio alle Isole Galapagos, ed era corredata di un'enorme quantità di dati raccolti in 30 anni di lavoro; era pertanto una teoria scientifica su base sperimentale, difficilmente contestabile. Egli parlava di variabilità esistente in modo casuale all'interno di una specie ed ereditabile: all'epoca non si conosceva ancora il DNA, e non si conosceva la natura e funzione del materiale genetico, né esistevano le teorie di Mendel.
Nei primi del Novecento, il perfezionamento del microscopio ottico permise di osservare la replicazione di una cellula eucariotica, e fu messa in relazione il modo in cui si separano i cromatidi durante la divisione cellulare con la separazione dei fattori mendeliani, geni presenti sui cromosomi stessi.
La prima teoria evoluzionista dotata di dati sperimentali è la teoria evolutiva di Wegner: proposta nel 1912, non ebbe seguito tra i contemporanei. L'attuale teoria della tettonica delle placche pone le sue radici nella teoria della deriva dei continenti di Wegner: oggi non possiamo più accettare la teoria di Wegner così come la espose, poiché questi parlava di movimenti di “zolle crostali”, ossia di crosta su altra crosta. Ai primi del Novecento non era ancora stato formulato l'attuale modello della struttura interna del Pianeta Terra, elaborato soprattutto secondo il modello di propagazione delle onde sismiche. All'epoca si aveva l'idea che la terra fosse costituita da uno strato crostale detto “SiAl” (formato da silicio e alluminio), posto al di sopra del “SiMa” (crosta più densa formata da silicio e magnesio).
Il merito di Wegner è quello di proporre una prima teoria che spiegasse le modificazioni avvenute nella storia del pianeta Terra, corredata di un'ampia varietà di dati scientificamente corretti. Sebbene oggi non possiamo più accettare in toto la Teoria della Deriva dei Continenti di Wegner, le prove che egli fornisce sono ancora valide per descrivere l'attuale Teoria della Tettonica delle Placche:
- geologiche → continuità tra alcune catene montuose in Brasile e in Africa
- paleontologiche → Africa/Madagascar/India presentano fossili di animali e piante vissuti nella stessa epoca, che non avrebbero potuto attraversare grandi oceani
- paleoclimatiche → depositi di carbone in luoghi a elevate latitudini, dove non vi possono essere grandi foreste e dunque non può avvenire la carbonizzazione del legno; in Africa vi sono detriti di roccia tipici dei ghiacciai, in luoghi in cui le temperature non sono compatibili con la loro esistenza
- facendo combaciare idealmente i confini dei continenti, si può ricostruire un «super-continente»; quest'ultima ipotesi di Wegner → l'unico dato contestato dai contemporanei: se davvero si facessero combaciare i confini del Sud America e dell'Africa, non ci sarebbe stata l'adesione ipotizzata da Wegner. Poiché oggi sappiamo che il confine della crosta continentale è sommerso dalle acque, se si fanno combaciare i reali confini della crosta continentali, effettivamente l'adesione è perfetta, e non vi è l'adesione incompleta originata dalla sola unione delle terre emerse che è stata contestata a Wegner.
Tettonica delle Placche
Le dinamiche che portano al combaciamento delle placche portano alla formazione di un supercontinente e alla sua separazione. I movimenti delle placche sono dovuti a forze endogene, provocate dai moti convettivi all'interno della Terra, e non si tratta di “zattere crostali” di SiAl sul SiMA sottostante, ma di placche litosferiche.
I margini di placca trasformi (trascorrenti) sono quelli che scorrono orizzontalmente l'uno rispetto all'altro; questo non comporta né un'espansione, né una sua subduzione (anche se si trasformano le rocce, e vi è una marginale consunzione).
In corrispondenza dei margini divergenti (in accrescimento) si estende la crosta oceanica, a partire da rift (dorsali oceaniche), lunghi vulcani lineare.
I margini convergenti (distruttivi) provocano consunzione della crosta oceanica, mediante subduzione e consunzione delle placche. Quando il movimento è convergente solo quando (almeno) una delle due placche convergenti ha crosta oceanica, che è densa e può subdurre; viceversa, con l'avvicinamento di due croste continentali avviene l'orogenesi (formazione di catene montuose). Esiste un equilibrio tra la formazione di nuova crosta e la sua distruzione.
La Teoria della Tettonica delle Placche, esposta verso la fine degli anni '60, oltre a confermare l'idea della deriva di continenti e l'esistenza di una Pangea circondata dalla Panthalassa, spiega anche dunque l'espansione del fondo oceanico, le anomalie magnetiche sui fondali oceanici, e tutti i grandi fenomeni geologici quali vulcani, terremoti, la formazione di nuovi oceani e la loro evoluzione, nonché quella delle catene montuose. È definita pertanto una «teoria unificante», in quanto spiega tutti i fenomeni geodinamici avente origine interna. Tale teoria poggia non solo sulla Teoria di Wegner, ma anche sull'ipotesi sull'espansione dei fondali oceanici di Hess, nonché su altri contributi degli anni precedenti.
Si ritiene che il fenomeno del movimento delle placche abbia come causa prevalente la formazione di celle convettive, considerando i lunghi tempi impiegati dal fenomeno stesso e il fatto che il mantello superiore in tali periodi di tempo estesi si possa comportare come un fluido molto denso. Non è univoco il numero di placche (porzioni di litosfera): sono all'incirca una ventina, di cui 6 sono quelle principali. La formazione delle placche è un evento che può ancora avvenire. Oggi, le osservazioni conducibili tramite satelliti permette di misurare la posizione e velocità di movimento delle placche. D'altra parte, vi sono 3 tipi principali di movimenti di placche:
- divergenza
- convergenza
- traslazione
Il movimento è reciproco e dipende dunque dall'interazione tra le due placche in corrispondenza del margine.
Il fondo oceanico non è piatto; presenta dorsali oceaniche, che sono lunghi vulcani lineari estesi per miglaia di km, in rilievo. La crosta è 2700 m rispetto al piano abissale, ed essendo dei vulcani lineari, le dorsali oceaniche presentano spaccature (rift) da cui fuoriesce lava.
I sedimenti della crosta oceanica hanno uno spessore vario ma non elevato; su di essi vi sono i basalti (dalla solidificazione della lava, struttura amorfa), e sopra ancora i gabbri (magma basico/femico, che solidificano lentamente in quanto rocce intrusive, formando cristalli).
I piani abissali sono invece grandi pianure, e un altro elemento che caratterizza il fondale oceanico è quello delle fosse abissali: in corrispondenza di esse vi è subduzione (riassorbimento) del fondale oceanico.
Secondo l'ipotesi di Hess, in corrispondenza di dorsali oceaniche si forma nuovo fondale oceanico, e in corrispondenza delle fosse abissali va a riassorbirsi tale fondale. L'ipotesi era di tipo speculativo, sulla base dei pochi dati allora disponibili, e Hess aveva considerato che in corrispondenza delle dorsali vi fossero eruzioni di lava basaltica, poiché il volume di crosta rimane costante vi devono essere zone di assorbimento della crosta stessa. L'idea di Hess non ebbe subito successo tra i contemporanei, perché era di tipo speculativo e poiché non era descritto approfonditamente il processo. Studi condotti in seguito confermarono le ipotesi di Hess e spiegarono in dettaglio il modo in cui si verifica il fenomeno.
Le dorsali oceaniche si formano in corrispondenza di margini ascendenti di celle convettive: si ha la risalita di magma, che è basico poiché proviene dal mantello (composizione originariamente ultrabasica), con spaccature anche all'interno di camere magmatiche. Ciò provoca una spinta verso l'alto. Ciò provoca un inarcamento della crosta oceanica, che ne provoca anche un assottigliamento (vi sono anche tensioni distensive); d'altra parte le dorsali oceaniche sono l'effetto delle dinamiche a livello di margini esistenti. L'assottigliamento della crosta e tali tensioni provocano l'apertura di un rift (spaccatura) che può generare la formazione di una vera e propria dorsale. In corrispondenza del rift si ha un'eruzione, con fuoriuscita di lava basica che solidifica in parte sull'edificio vulcanico stesso (formando plateau basaltici in corrispondenza del rift), e per via delle tensioni, si ha un'espansione del fondale oceanico e un allargamento della dorsale oceanica stessa.
Le prove di questa teoria sono: (v. pag 206)
- anomalie magnetiche dei fondali oceanici → l'analisi del campo geomagnetico ha evidenziato l'esistenza di fasce in cui il campo magnetico locale è superiore a quello medio, e altre in cui viceversa l'intensità di $B$ locale è minore alla media; l'esistenza di anomalie positive e negative è dovuta all'esistenza di rocce magnetiche fossili che provocano la registrazione di un'anomalia magnetica positiva se all'epoca della loro formazione il campo magnetico era orientato come quello attuale (si sommano) e invece negativa nel caso contrario. La collocazione delle fasce non è casuale: rispetto alla rift di una dorsale oceanica, le fasce sono parallele e simmetriche.
- età dei sedimenti oceanici → non solo lo spessore dei sedimenti del fondale oceanico non è elevato e si tratta di sedimenti incoerenti, ma il carotaggio ha rivelato che lo spessore dei sedimenti è via via maggiore allontanandosi dalla rift della dorsale oceanica: ciò è comprensibile poiché in corrispondenza della dorsale si forma nuovo fondale, e il minor spessore dei sedimenti è da associare alla minore età del fondale oceanico. Sono inoltre presenti gusci di organismi planktonici presenti nei sedimenti stessi, che forniscono una più precisa indicazione sull'età di tali sedimenti, e i più antichi risalgono a circa 170 m di anni fa (la crosta oceanica è in continua rigenerazione).
- elevato flusso di calore in corrispondenza delle dorsali oceaniche → la quantità di energia termica emessa dalla terra per unità di area non è omogenea, ma esistono zone più calde in cui il flusso ha maggiore intensità, e zone meno calde; le zone in cui il flusso di calore è maggiore sono le dorsali oceaniche, che si generano a causa della presenza di fasce ascendenti di celle convettive; le zone più fredde sono invece le fosse abissali, dunque in presenza di fasce discendenti.
< 100% 50% 50% > | |
Terremoto | Profondità ipocentro |
---|---|
Superficiali | 70 km |
Intermedi | 70-300 km |
Profondi | 300-700 km |
La rift non è in asse, bensì è disarticolata in tratti, separati da spaccature (faglie) trasversali dette «faglie trasformi». La dorsale oceanica si forma infatti per inarcamento del magma, e non è garantito che lungo l'asse del rift sia omogenea la quantità di magma e pertanto la portata di fuoriuscita della lava e la conseguente velocità di formazione della dorsale. La traslazione lungo tali faglie provoca attività sismica superficiale, che caratterizza del resto l'intero tratto della dorsale oceanica. Dalle faglie transformi non vi è tuttavia fuoriuscita di lava.
Un'altra manifestazione di attività sismica superficiale (~70 km) è in corrispondenza dei margini trasformi (anche detti conservativi). Questi margini sono collocati laddove due placche litosferiche sono in reciproco moto di scorrimento e si genera attività sismica dovuta alle tensioni da attrito dovuta alle placche. Esempi sono la faglia di San Andreas in California, e la faglia dell'Anatolia in Turchial.
Il terzo tipo di attività sismica è riferita alle fosse oceaniche, in corrispondenza delle quali vi è subduzione di una placca ove vi sono margini convergenti. Esse sono situate parallelamente alle dorsali oceaniche, e si formano al di sopra di colonne discendenti di celle convettive. Lungo il piano di subduzione vi è un fortissimo attrito che genera attività sismica, e l'ipocentro dei terremoti è tanto più profondo quanto ci si allontana dal rift (il piano di Benioff è discendente). Le caratteristiche del materiale presente a profondità maggiori di 700 km non permettono che gli ipocentri si trovino al di sotto di queste distanze dalla superficie.
Il quarto tipo è dovuto a orogeni attivi (catene montuose ancora in scorrimento).
Vulcanismo
Il vulcanismo legato alla dorsale oceanica tipicamente esibisce formazione di lava a cuscino (pillow) ed è di tipo effusivo. I vulcani legati alla subduzione sono invece di tipo esplosivo. Le Ande sono formate da rocce dette appunto «andesiti» che presentano chimismo intermedio (percentuale in silice inferiore al 65%), tuttavia l'attività vulcanica è esplosiva e coinvolge, oltre alle rocce basaltiche sottostanti, anche i sedimenti sialici. Nel momento in cui avviene la subduzione di fondale oceanico (basaltico), si forma una catena montuosa d'origine vulcanica di tipo espolsivo, con la formazione di pendii ripidi, ben differenti dai plateau che si formano con l'attività vulcanica di tipo effusivo.
I vulcani intra-placca sono i cosiddetti «vulcani da punto caldo»: si formano a causa della risalita di colonne di materiale caldo proveniente dalla base del mantello, in corrispondenza della discontinuità di Gutenberg. Il magma si forma nel mantello, a causa del calore del nucleo, e i minerali sono altamente femici, e formano lave basaltiche. La forma è “a scudo”, ossia a base larga con pendii dolci. Anche il materiale ultrabasico che risale va incontro a contaminazione (in quanto caldo, scioglie nella risalita materiali aventi punto di fusione più basso) e in parte avviene l'allontanamento di alcuni minerali più densi: durante la risalita, vi è lo stazionamento del magma per via di ostacoli che incontra, e si ha solidificazione e separazione dal resto del magma di alcune componenti ultrabasiche. Più i minerali sono femici, più sono densi e fondono a temperature più alte, pertanto i minerali ad allontanarsi per primi sono quelli ultrabasici.
Punto caldo
Alla base del mantello vi è una disomogeneità termica dovuta ai moti convettivi all'interno del nucleo, anche qui con colonne ascendenti e discendenti. La collocazione di queste colonne tende a rimanere la stessa nel tempo, per periodi di tempo molto lunghi. Poiché le placche sono in movimento, a un certo punto un vulcano da punto caldo si estingue, e ne appare uno nuovo in corrispondenza del nuovo punto sulla placca che corrisponde alla colonna ascendente nel nucleo. Se questi vulcani si originano sulla crosta oceanica, tendono a formare arcipelaghi insulari di origine vulcanica, con più isole formate per attività vulcanica da punto caldo, con più vulcani estinti e uno attivo (es. Hawaii).
Studiando la collocazione delle isole si possono ottenere dati sul movimento (direzione, velocità) della placca. Un vulcano da punto caldo non si forma obbligatoriamente sul fondale oceanico, ma la costruzione dell'edificio vulcanico su fondale oceanico fa sì che si formi un'isola. Poiché la maggior parte della superficie terrestre è formata da placca oceanica, è maggiore la probabilità che così sia, tuttavia vi sono anche vulcani da punto caldo nella placca continentale. I pennacchi sono movimenti ascensionali di materiale nel mantello, di cui i punti caldi sono le manifestazioni superficiali.
Margini
I margini di placca sono i confini delle placche, e sono i luoghi in cui si concentrano attività sismiche e vulcaniche. I margini continentali possono essere:
- passivi
- trasformi → tipici dell'oceano in espansione
- attivi
Vi sono tensioni che determinano un inarcamento della crosta, e la rottura con apertura di una faglia, e via via l'attività vulcanica in corrispondenza della rift della dorsale con conseguente formazione di un oceano. Un esempio è la Great Rift Valley africana, in quanto questa fossa tettonica può raccogliere acqua, formando laghi, e a lungo andare l'espansione del fondo oceanico porta a un ampliamento della fossa di una faglia con fuoriuscita di magma, ma tale depressione può venire sommersa dalle acque, e si ha un oceano in fase giovanile (es. Mar Rosso). Il nuovo bacino oceanico, sottoposto a un'espansione3), si espande andando a formare un oceano via via sempre più espanso.