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 Il 23 ottobre del 1925, Cesare Mori viene nominato da [[storia:fascismo|Mussolini]] Prefetto di Palermo con l'esplicito scopo di debellare la mafia, e viene pertanto dotato di amplissimi poteri, con l'ordine esplicito di colpire in alto e in basso. Mussolini parla direttamente ai siciliani, creando per la prima volta una netta distinzione tra il popolo siciliano, che elogia, e il ridotto numero dei mafiosi, che descrive come responsabile dell'immiserimento della regione. Il 23 ottobre del 1925, Cesare Mori viene nominato da [[storia:fascismo|Mussolini]] Prefetto di Palermo con l'esplicito scopo di debellare la mafia, e viene pertanto dotato di amplissimi poteri, con l'ordine esplicito di colpire in alto e in basso. Mussolini parla direttamente ai siciliani, creando per la prima volta una netta distinzione tra il popolo siciliano, che elogia, e il ridotto numero dei mafiosi, che descrive come responsabile dell'immiserimento della regione.
  
-Mori crea una distinzione tra l'<<omertà cattiva>> e l'<<omertà buona>>: l'omertà cattiva è quella di chi si pone contro lo stato; non si riferisce squisitamente alla reticenza, ma principalmente all'azione. L'omertà buona è quella di chi oppone la fierezza alla prepotenza, la forza alla forza, il "moschetto al moschetto": secondo una lettura che rientra pienamente nella visione fascista della lotta alla mafia, fare la guerra alla mafia vuol dire saper essere "più mafioso dei mafiosi". Mori, detto anche <<il prefetto di ferro>>, capisce la necessità in Sicilia di mantenere rapporti quanto più possibilmente personali, cercando di creare una fitta rete di conoscenze attorno a lui e rivolgendosi anche ai campieri, organizzando una sorta di "parata" dei campieri, facendoli disporre in fila e assegnando a ciascuno un distintivo, che rende personale il rapporto tra lui e il campiere: il distintivo legge "La forza che difende la produzione"((ossia i latifondisti)). Il prefetto esalta il coraggio del singolo contadino che, di fronte alla prepotenza, reagisce anche con le armi. L'azione di Mori è radicale: nel 1926 egli arresta decine di persone sospettate di mafia e tutte le loro famiglie, e fa organizzare vendette trasversali nei confronti dei latitanti, macellando i loro animali, mettendo in vendita i loro beni, deportando intere famiglie e spesso violentando anche le loro donne. Nelle retate  e nei processi che seguono, i nobili e i latifondisti non sono coinvolti: i proprietari terrieri sono stati ribattezzati <<produttori>> e sono i veri interlocutori di Mori e del fascismo. Il gabellotto è invece l'elemento medio, che viene represso così come tutti gli altri intermediari che competono con il potere centrale del fascismo. Nel 1929, termine del suo mandato, Mori proclama la sconfitta della mafia, con l'ordine ripristinato grazie al fascismo, contro il disordine della democrazia. In realtà, negli anni '30 la lotta alla mafia ricomincia per volontà di Mussolini, che questa volta cerca di agire in modo molto più discreto, anziché nominare un nuovo <<prefetto di ferro>>.+Mori crea una distinzione tra l'<<omertà cattiva>> e l'<<omertà buona>>: l'omertà cattiva è quella di chi si pone contro lo stato; non si riferisce squisitamente alla reticenza, ma principalmente all'azione. L'omertà buona è quella di chi oppone la fierezza alla prepotenza, la forza alla forza, il "moschetto al moschetto": secondo una lettura che rientra pienamente nella visione fascista della lotta alla mafia, fare la guerra alla mafia vuol dire saper essere "più mafioso dei mafiosi". Mori, detto anche <<il prefetto di ferro>>, capisce la necessità in Sicilia di mantenere rapporti quanto più possibilmente personali, cercando di creare una fitta rete di conoscenze attorno a lui e rivolgendosi anche ai campieri, organizzando una sorta di "parata" dei campieri, facendoli disporre in fila e assegnando a ciascuno un distintivo, che rende personale il rapporto tra lui e il campiere: il distintivo legge "La forza che difende la produzione"((ossia i latifondisti)). Il prefetto esalta il coraggio del singolo contadino che, di fronte alla prepotenza, reagisce anche con le armi. L'azione di Mori è radicale: nel 1926 egli arresta decine di persone sospettate di mafia e tutte le loro famiglie, e fa organizzare vendette trasversali nei confronti dei latitanti, macellando i loro animali, mettendo in vendita i loro beni, deportando intere famiglie e spesso violentando anche le loro donne. Nelle retate  e nei processi che seguono, i nobili e i latifondisti non sono coinvolti: i proprietari terrieri sono stati ribattezzati <<produttori>> e sono i veri interlocutori di Mori e del fascismo. Il gabellotto è invece l'elemento medio, che viene represso così come tutti gli altri intermediari che competono con il potere centrale del fascismo. Nel 1929, termine del suo mandato, Mori proclama la sconfitta della mafia, con l'ordine ripristinato grazie al fascismo, contro il disordine della democrazia. In realtà, negli anni '30 la lotta alla mafia ricomincia per volontà di Mussolini, che questa volta cerca di agire in modo molto più discreto, anziché nominare un nuovo <<prefetto di ferro>>. SEMBRA CHE CESARE MORI, IN VERITA', FU RIMOSSO DA MUSSOLINI STESSO IN NOME DELL'ALLEANZA TRA I LATIFONDISTI ED I FASCISTI CHE CONNOTO' LE RELAZIONI DI POTERE NELL'ITALIA DEL VENTENNIO, TANTO E' VERO CHE, QUANDO LA LOTTA ALLA MAFIA FU RIPRESA, EBBE UN CARATTERE BLANDO E MIRO' ALLA SEMPLICE MANOVALANZA.
  
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