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Il Fascismo
Le origini 1919-1924
Presa del potere (1919-1922)
Il fascismo nacque dopo la Prima Guerra Mondiale con i movimenti di mobilitazione sociale delle masse e la loro partecipazione attiva alla vita politica. Movimenti preesistenti quali Repubblicani e Futuristi avevano già ideali antidemocratici, il disprezzo per il Parlamento, il culto della giovinezza, l'esaltazione dell'azione diretta e il desiderio di un potere centrale. Le condizioni del fascismo furono però poste dal conflitto mondiale che accelerò violentemente le trasformazioni morali e politiche della società. La guerra aveva messo in atto forme che univano coercizione e ricerca di consenso, gerarchia e coinvolgimento delle masse, e aveva fatto scuola di abitudine all'uso della violenza. L'idea di una vittoria mutilata nella Prima Guerra Mondiale e l'entusiasmo per la Rivoluzione Bolscevica del 1917 che avrebbe sollevato la condizione delle masse portò a una crisi della crisi del potere; la classe dirigente liberale non è capace di fare fronte alla crisi economica, alle tensioni sociali e alle nuove necessità del biennio rosso (1919-1920): anni di occupazioni di fabbriche, conquiste a livello di diritti dei lavoratori per il Partito Socialista e soprattutto la corrente massimalista, ormai coinvolta dal mito della Rivoluzione Sovietica: volevano “fare come in Russia”; non si va realmente al di là di slogan, e le condizioni per una rivoluzione di sinistra non erano presenti, in assenza di una coesa strategia politica. Il Partito Socialista risulta fondamentalmente incapace nel mettere a frutto le condizioni del dopoguerra per avvalersi del potenziale democratico associazionistico che si era sviluppato.
Lo Stato liberale, che pur aveva superato la guerra, non è più solido nell'età di una cultura di massa, portando a una serie di governi deboli. Questi insuccessi alimentano, anche presso le classi borghesi e i ceti medi, mancanza di fiducia nel liberalismo. Nelle elezioni del 1919 (le prime con voto proporzionale), il Partito Socialista ottiene oltre il 30% dei voti ottenendo 156 seggi al Parlamento. Anche il Partito Popolare, al suo esordio, ottiene ben 100 seggi. Quell'apparente maggioranza, in verità, non era realizzata essendoci comunque conflitto tra Popolari e Socialisti.
In questo contesto, il 23 marzo 1919 nascono a Milano i Fasci di Combattimento fondati da Benito Mussolini, ex-massimalista espulso dal Partito Socialista (era passato all'azione). I fondatori esaltavano, oltre a numerosi principi radicati nel Repubblicanesimo, l'attivismo delle masse, il disprezzo per il Parlamento e le azioni forti.
Alle elezioni del 1919 viene clamorosamente sconfitto, e capisce che senza una base di massa non è possibile imporsi sul palcoscenico della politica; in una situazione economica disastrata, i sentimenti di frustrazione, rabbia e la sete di vendetta caratterizzava l'animo di settori importanti della società. A covare l'odio nei confronti dei socialisti erano soprattutto i grandi proprietari terrieri, non più fiduciosi nel governo e pronti ad affermare una propria autodifesa contro una rivoluzione simile a quella bolscevica. Anche i borghesi temevano di «proletarizarsi», assieme agli agrari delle campagne nella Pianura Padana che finanziando gruppi di “professionisti del terrore” diedero origine allo squadrismo, la “carta vincente” del fascismo; questi in pochi mesi distrussero gran parte delle organizzazioni proletarie, spesso con il supporto degli stessi ordini dello Stato, anche a livello locale.
L'esaltazione della violenza nel fascismo non è solo l'infatuazione dei singoli, ma un'idea radicata nella stessa istituzione del Fascio, una sua caratteristica intrinseca. È proprio con un misto di violenza e uso spregiudicato della politica, che si fa forte della debolezza del sistema parlamentare; Giolitti si era illuso di poter strumentalizzare il fascismo: ad aprile 1921, scioglie le camere e aprendo le elezioni introduce i fascisti nel blocco Nazionale. Nel 1921 Mussolini riforma il partito, mette in riga i dirigenti locali e pone il terrorismo come mezzo.
Nell'agosto 1922 Mussolini, mentre le squadre erano completamente scatenate nella Pianura Padana, scrive che la democrazia aveva esaurito il suo compito e che le istituzioni democratiche erano liquidate. Il 28 ottobre 1922 si ha un momento fondativo, con la marcia su Roma. Re Umberto II rinuncia a dichiarare lo stato d'assedio, e come in un normale sistema parlamentare incarica a Mussolini di formare il Governo. Il 16 novembre 1922, in Parlamento, Mussolini pronuncia il famoso discorso del «bivacco di manipoli» in cui esprime il suo massimo disprezzo per tale istituzione.
Prima crisi del fascismo (1923-1924)
Mussolini istituisce i vari organi del fascismo e vara una nuova legge elettorale per acquisire il consiglio del Parlamento: la legge Acerbo; essa garantisce 2/3 dei seggi a chi avesse 1/3 dei voti, scompigliando il fronte liberale e cattolico; riuscì a ottenerla pur controllando soli 35 seggi in parlamento su 508. La vera crisi del fascismo cominciò quando nel 1924 Matteotti denunciò in Parlamento i brogli avvenuti nell'elezione e all'uscita venne rapito e assassinato. Parecchi gruppi erano sfavorevoli al fascismo, tra cui anche i gruppi conservatori cattolici.
Regime e accelerazione totalitaria (1925-1938)
Pur mantenendo formalmente intatta la facciata costituzionale dello Statuto Albertino del 1848, le Leggi Fascistissime demolirono completamente in direzione totalitaria l'ordine dello Stato nel giro di 4 anni:
- Scioglimento associazioni sindacali e politiche di opposizione
- Ministri e Parlamento subordinati all'autorità del capo del governo
- Abolita la libertà di stampa
- Podestà di nomina regia
- Legge per difesa dello stato
- Deputati antifascisti decadono dalla carica
- Carta del lavoro
- Polizia segreta
- Riforma di rappresentanza politica e istituzione del plebiscito
- Il Gran Consiglio è organo costituzionale dello Stato
- PNF unico partito
- Testo unico per le scuole elementari
- Giuramento di fedeltà degli insegnanti
La stabilità del regime era quindi un compromesso tra l'assetto costituzionale e una nuova organizzazione totalitaria. Tutti gli oppositori politici, i «sovversivi» (che furono 120 000) furono arrestati e mandati al confino o eliminati.
Nel 1929 Mussolini firmò con la Santa Sede i Patti Lateranensi: pose fine alla Questione Romana che si trascinava già dalla presa di Porta Pia del 1870 e consolidò ulteriormente il fascismo, portando una significativa «vittoria politica e spirituale».
Da apoteosi a crollo, guerra e Repubblica Sociale Italiana 1939-1945