La lezione di Ungaretti più valida è quella della parola pura, come illuminazione, da sola nella pagina bianca: è una lezione di essenzialità, assenza di contenuti superflui. Per essere compresa, la poesia deve nascere da un'illuminazione. Questa lezione, negli anni successivi, viene rielaborata da un gruppo di scrittori che passano sotto una definizione assai ambigua e spesso erroneamente interpretata: l'ermetismo1). Da Ungaretti l'ermetismo prende:
L'ermetismo si diffonde a Firenze, dove vi è il Caffè delle Giubbe Rosse che diventa la sede degli ermetici.
«Ermetismo» come termine è coniato dal critico letterario Francesco Flora nel 1936, nel saggio La poesia ermetica, con il quale cita una serie di poeti contemporanei che, prendendo come esempio Ungaretti, avevano composto una serie di poesie essenziali, criptiche. A questo saggio segue Carlo Bo, che si occupa di questo tipo di poesia, ripercorrendo gli anni '30 e '40 del XIX secolo. Con la fine della guerra, l'intellettuale ha un tale bisogno di comunicare ciò che è successo, che si ribaltano le condizioni dell'intellettuale nei confronti del pubblico.