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Ungaretti

Ungaretti ha una vita molto movimentata: il modello del tipico intellettuale italiano che siamo abituati a conoscere viene a sgretolarsi. Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d'Egitto, dove i genitori avevano un forno. Vi era una comunità di italiani, e lui infatti non frequenta scuole egiziane ma la scuola francese. I genitori sono originari della zona di Lucca, pertanto rimane attaccato anche alla campagna toscana, che gli ispirerà parecchie poesie. Ungaretti legge di tutto: poeti francesi, poeti italiani (es. Leopardi) e anche i contemporanei (es. Nietzsche). Finito il liceo va a studiare a Parigi, alla Sorbona; in questo momento tutti i maggiori poeti, artisti e movimenti sono a Parigi, crocevia di esperienze culturali internazionali. Nel 1914 torna in Italia da Parigi per arruolarsi nella Prima Guerra Mondiale, diventando volontario.

Ungaretti ci va per sentirsi italiano: essendo sempre stato fuori dall'Italia, arruolarsi nell'esercito d'Italia gli garantiva un senso di identità nazionale che non aveva mai avuto. Viene spedito sul Carso, esperienza assolutamente devastante, da cui esce con una raccolta di poesie che pubblica nel 1916 chiamata Il porto sepolto. Queste poesie vengono in parte ripubblicate assieme a poesie nuove nel 1919, in Allegria di naufragi.

Nel 1931 verrà pubblicata una nuova raccolta con tutte le opere, chiamata Allegria. Il cambio di titolo è del tutto simbolico: se Allegria di Naufragi è un ossimoro viene tolto il “naufragio”, la situazione incerta viene trasmutata in una sorta di ottimismo, di “resistenza” alla vita.

Nel 1921 va a Roma e aderisce al fascismo, movimento che gli forniva un'identità nazionale e un'italianità che gli mancava. Nel 1933 pubblica Sentimento del tempo: vede Roma come il cardine su cui scorre il tempo.

Nel 1936 gli viene offerta una cattedra a Sao Paolo, Brasile, dove passa i primi anni della Seconda Guerra Mondiale. Ritorna nel 1942 perché, sempre convinto dall'italianità, vuole diventare poeta d'Italia e assumere la cattedra offertagli. Nel 1947 pubblica Il Dolore: il titolo si riferisce sia a un dolore individuale (i lutti che continuano a tornare), sia a uno nazionale (un'Italia lacerata dalla guerra).


D'Annunzio, nel parlare di superuomo, si poneva come modello, mentre Ungaretti separa il suo vissuto dalla poetica: egli fornisce un'esperienza simbolica, non perché la sua esistenza debba essere un modello, ma poiché in essa riconosce tratti della strada comune a tutti gli uomini. Ungaretti è assai religioso, e sarà sempre ottimista, fiducioso nella possibilità di trovare una via.

La prima raccolta di poesie è Porto Sepolto (1916). Esse hanno in comune l'uso estremo della analogia: le poesie sono tutte sintetiche (soprattutto nel primo periodo) e l'analogia le unisce. Il collegamento che crea l'analogia è soggettivo, non facilmente riconoscibile. Questo modo di fare poesia diventa metodo. La poesia di Ungaretti non è comprensibile senza tutta la ricerca sull'analogia da parte di decadenti, futuristi e crepuscolari. Con “Porto Sepolto” Ungaretti si riferisce al porto di Alessandria d'Egitto, che è stata distrutta nel VII sec. a.C., e che aveva saputo da amici giacere sotto il mare. Il poeta, come se fosse un «sub», si immerge nell'abisso della propria coscienza e riporta alla luce i segreti che ha visto. La poesia diventa così illuminazione.

L'esperienza poetica consiste in un attimo di rivelazione che il poeta vede scavando dentro se stesso. Ungaretti è fiducioso che gli uomini capiscano il messaggio che diffonde presso di loro. La poesia è soggettiva nella misura in cui lo era quella decadente, tuttavia Ungaretti ritiene che la comunicazione sia possibile: il viaggio dell'autore serve come modello per noi, per scavare allo stesso modo ciascuno nella propria esistenza. Il suo “Porto Selvaggio” è la guerra.

Ungaretti sottolinea il carattere effimero dell'illuminazione: come un'improvvisa folgorazione, che il poeta tiene dentro di sé, ma che non può più vedere e dunque è incapace di spiegare.

Se la poesia è una folgorazione immediata, il verso costruito metodicamente secondo i canoni convenzionali non può più esistere: frasi brevissime, costruzione paratattica, pochissimi verbi (stile nominale). Si avvale dell'effetto grafico dello spazio bianco, con il verso costituito da una singola parola.

Un'altra caratteristica del lessico è il monolinguismo: non vi sono squilibri tra i diversi registri lessicali, o termini aulici; non c'è «tempo» di dare sfumature dialettali al linguaggio: esso non è ricercato, ed è esclusivamente funzionale alla rappresentazione dell'attimo. La parola non è apprezzata per la sua musicalità, ma per l'efficacia e la precisione con cui svolge la sua funzione.

La poesia di Ungaretti è autobiografica: data tutte le poesie individualmente. L'esperienza autobiografica viene universalizzata.

Conclusosi Porto Sepolto, nel '19 raccoglie le altre poesie, assieme a quelle di Porto Sepolto nell'edizione ampliata intitolata Allegria di Naufragi1): il naufrago perde tutte le sue certezze del mondo, scava nell'abisso del mare e porta la gioia della scoperta. Nel '31 rinomina e ripubblica estesa la raccolta con il titolo Allegria, mostrando un processo positivo di fiducia nel genere umano, testimoniando la volontà di descrivere il momento in cui si ha l'illuminazione. Una parte significativa di queste poesie è ispirata alla battaglia sul Carso.

La poesia presenta cinque sezioni:

  1. Ultime (le poesie giovanili, quelle più antiche che poi scarta)
  2. Porto Sepolto
  3. Naufragi
  4. Girovago
  5. Prime

I temi sono legati alla vita: l'infanzia e la giovinezza dell'autore non sono condivise dai lettori italiani, e descrive i colori, i suoni e i profumi di una terra per cui prova nostalgia. Procedendo per la raccolta approfondisce vari nuclei tematici, tra cui quello del nomadismo (l'assenza di una patria). In Italia torna per andare in guerra; i grandi temi che si sviluppano dall'infanzia sono:

  1. avere/non avere una patria
  2. trovare una patria dentro alla guerra
    • precarietà dell'esistenza
    • attaccamento alla vita → solo nel momento in cui si ha paura di morire si è attaccati all'esistenza
  3. il viaggio → motivo presente da Petrarca come simbolo della vita umana

Ettore Serra era un editore, una figura amichevole. La poesia diviene il mondo, l'umanità: definisce il senso di stare al mondo, il nostro essere uomini.

Sentimento del Tempo (1933), due anni dopo l'ultima edizione della sua precedente lirica (Allegria), è una nuova raccolta di poesie. «Sentimento del tempo» indica un modo di percepire il tempo, che viene interpretato come flusso, continua durata in cui le cose nascono, si sviluppano e si distruggono. Il sentimento centrale è lo scorrere della vita, e la vita che sulla Terra ha una durata viene contrapposta all'eternità dell'Universo, senso dell'eterno, per l'uomo irraggiungibile. L'idea del ciclo delle cose in Sentimento del Tempo trova il suo simbolo in Roma: l'autore vi aveva speso molto tempo, e lo trova come l'esempio ideale del ciclo di monumenti che vedono la gloria in un periodo storico e un rivolgimento politico che li riducono a nulla. L'autore gira dunque per Roma e rievoca vari momenti, non solo nella storia dell'Impero Romano, ma passando anche per il Barocco2), ed emerge un senso di decadimento e il senso della morte. Vengono citate varie divinità, tra cui in particolare Crono, dio del tempo, a cui è dedicata la poesia «Fine di Crono».

È una raccolta molto più tradizionale di quella precedente: i versi che prima mancavano di metrica tradizionale e punteggiatura ora riacquistano l'endecasillabo e i segni di punteggiatura, ritornando almeno apparentemente nei modelli della lirica italiana.

Dal '33 fino alla fine della guerra scrive varie poesie. Dal '36 al '42 è a São Paulo del Brasile. Nel '47 pubblica Il dolore: esprime la sofferenza di chi ha vissuto la guerra e ne ha subito le conseguenze, compresa a livello personale la morte del fratello, a cui dedica Tutto ho perduto.

Parla di Enea e Didone

Nel 1969 raccoglie tutte le poesie, da Porto Sepolto fino alla sua ultima opera. Muore un anno dopo, nel 1970.

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1)
il titolo suona come un ossimoro, in un rimando a Leopardi
2)
tema caro ai decadenti
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  • Ultima modifica: 2022/06/13 07:54
  • da tiziano_zucchetti