Hobbes
Thomas Hobbes fu un filosofo contrattualista inglese del XVII secolo. Nacque a Westport (Inghilterra) nel 1588 e studiò ad Oxford. Fu uno dei primi teorici dello stato come contratto sociale finalizzato all'ordine, alla pace e al benessere dei cittadini. Tra gli altri contrattualisti è importante citare anche John Locke e Jean-Jacques Rosseau. La sua dottrina è fondamentalmente di stampo materialistico e meccanicistico.
Vita
Hobbes nacque in Inghilterra il 5 aprile 1588. Durante i suoi studi presso Oxford viaggiò ampiamente nel continente europeo e ne conobbe la cultura. Visse a Parigi per un lungo periodo, frequentò le società di liberali e libertini della Francia (e Cartesio), nonché l'Italia, dove conobbe Galileo. Sicuramente la sua opera più significativa fu il Leviatano (nome di un mostro tratto dalla tradizione biblica), che descrive le forme e le strutture che deve assumere lo Stato ideale secondo Hobbes. Criticò varie figure del suo tempo, fra cui il filosofo Cartesio per le sue Meditazioni, e il vescovo Bramhall, che sosteneva l'incorporeità di Dio.
Morì a Londra il 4 dicembre 1679.
Filosofia
Come accennato, la concezione filosofica di Hobbes presenta un assetto laico, materialistico e meccanicistico. Anche se formalmente era credente, agli studiosi contemporanei sorge immediato ipotizzare che fosse addirittura ateo. L'Universo di Hobbes è interamente deterministico, pertanto egli non crede nel libero arbitrio degli esseri umani.
Ontologia e gnoseologia
Gli uomini non sono visti come fondamentalmente diversi dagli animali, in quanto entrambe le categorie sono detentrici di ragione come mezzo materiale atto alla sopravvivenza. Il privilegio dell'uomo rispetto agli animali sta — tuttavia — nell'uso del linguaggio. Secondo Hobbes il linguaggio è convenzionale (è un convenzionalista, non naturalista) ed è ciò che consente, tramite un sillogismo ipotetico, di compiere l'addizione e la sottrazione di concetti. È il linguaggio a dare all'uomo la possibilità di ragionare, grazie alla generalizzazione semantica dei segni. Un discorso scientifico ben costruito deve seguire un modello che prende il nome di scire per causas — conoscere per mezzo di cause — ossia collegare gli effetti alle loro cause. Ma se l'unica conoscenza scientifica è quella dimostrativa e causale, solo gli enti creati dall'uomo (materiali, artificiali) possono essere oggetti di scienza. Sono infatti le uniche scienze valide:
- Scienze matematiche
- Scienze morali
- Politica
- Etica
Per tutto il creato di Dio, di cui l'uomo non possiede le cause certe, tutte le conclusioni tratte dallo scire per causas sono sempre plausibili ma non hanno la garanzia di corrispondere al vero: un fenomeno può avere più cause probabili.
Secondo Hobbes esiste solo il corpo (come per gli stoici), e il concetto di incorporeità non pertiene alla verità. Da qui scaturisce la critica al vescovo Bramhall sulla natura di Dio. Tutto è corporeo, materiale e quantificabile, e anche le percezioni e i sentimenti degli uomini (aspetti qualitativi) possono essere ricondotti ai movimenti fisici dei corpi. Anche l'anima umana quindi è materiale, e il movimento è causa di ogni fenomeno naturale. L'immaginazione è addirittura vista in chiave meccanicistica come l'“inerzia” delle sensazioni (movimenti) provenienti dagli organi del corpo umano.
Dalla distinzione dei corpi in naturali e artificiali emerge la divisione gerarchica delle scienze; la filosofia si ripartisce in:
- filosofia naturale (studia i corpi naturali)
- filosofia civile (studia i corpi artificiali)
- etica
- politica
- filosofia prima (si interroga sugli attributi fondamentali dei corpi che ne trascendono la natura)
Essendo soggettive le valutazioni di tipo morale, non esiste una legge universale che distingue il bene dal male, e di conseguenza non esiste un criterio oggettivo e assoluto di bene. Il bene è generalmente ciò a cui si tende, il male è invece ciò che si deve/vuole evitare.
Nemmeno la libertà esiste, se non come l'assenza di impedimenti naturali alla volontà. Ma la volontà stessa ha sempre dipendenza circostanziale: tutte le cause sono necessarie, di conseguenza le azioni dell'uomo sono necessitate.
Politica
La filosofia politica di Hobbes è riassumibile come “geometrismo politico”, in quanto fondata su un numero limitato di postulati. Essa dovrebbe rispecchiare direttamente l'influenza della necessità sulle volontà umane. Confrontandola con il giusnaturalismo, si osservano alcune importanti analogie e discordanze.
Tra le similitudini, è fondamentale menzionare che:
- Per entrambe le dottrine, la politica è una scienza a tutti gli effetti
- La storia va ignorata nella costruzione dei modelli politici: bisogna prescindere dalla tradizione ed appellarsi esclusivamente alla ragione
Notiamo però anche queste differenze, che distanziano Hobbes dai giusnaturalisti:
- Lo stato di natura è visto come fondamentalmente indesiderabile, negativo
- Non vi è alcun diritto naturale: i diritti negativi esistono nei termini in cui la loro inviolabilità è garantita dall'azione giuspositivistica dello Stato
I postulati su cui si fonda la filosofia politica di Hobbes sono solo due:
- bramosia naturale (egoismo, desiderio di godere da soli dei beni in comune)
- ragione naturale (paura della morte violenta)
Secondo Hobbes quindi l'uomo non è naturalmente un animale sociale, e non prova spontaneamente amore verso il prossimo solo in virtù della mutuale similitudine. L'associazione spontanea è emersiva ed incidentale (spinta da necessità o ambizione, non da solidarietà o benevolenza).
Le società nascono dunque in base al timore reciproco dell'influenza reciproca delle vite degli uomini su quelle degli altri. Questo timore ha come cause:
- Uguaglianza naturale (comune vulnerabilità) degli uomini
- Volontà naturale degli uomini (per primo postulato)
Lo stato di natura risulta infatti in uno stato di perenne guerra, detto bellum omnium contra omnes. L'assenza di un'organizzazione sociale di alcun tipo (la manifestazione concreta dello stato di natura) esiste solo in teoria; nella realtà, si può avere al limite uno “stato di natura parziale” in tre circostanze:
- nelle guerre civili
- in alcune società primitive
- su scala internazionale, vedendo gli stati come individui in una collettività che di fatto, al tempo di Hobbes, è priva di alcuna autorità ed è in uno stato di perenne anarchia
Lo stato naturale comporterebbe addirittura il diritto di tutti su tutto (ius omnium in omnia), compresa la vita degli altri; Ogni uomo sarebbe un “lupo” nei confronti degli altri individui (homo homini lupus).
La legge naturale, secondo Hobbes, è quella che garantisce la conservazione della specie umana: impedire le azioni che causano la distruzione della vita, e garantire quelle che sono necessarie alla sua conservazione. Essa emerge dalla ragione umana, capace di studiare le cause e riconoscerne gli effetti, per saper calcolare quale cause vanno perseguite e quali no. L'unico aspetto naturale nella “legge naturale” è quindi la predisposizione dell'uomo che la concepisce ad essere munito di ragione.
Le norme imposte dalla legge naturale servono a fornire agli uomini una disciplina pratica a cui attenersi per garantire la sopravvivenza della collettività. La legge naturale si articola in tre regole:
- pax est quarenda (bisogna cercare sempre la pace), da cui derivano:
- ius in omnia est retinendum (l'uomo deve rinunciare al suo diritto su tutto), che implicitamente porta a…
- pacta servanda sunt (i patti vanno osservati)
Ma le leggi naturali non sono sufficienti a garantire la stabilità di uno stato. È infatti necessario un assetto contrattuale, con cui i cittadini rinunciano ai loro diritti per cederli a un singolo individuo che li utilizzerà per gli interessi della collettività. Il sovrano è proprio la figura a cui si riferisce il titolo dell'opus magnum di Hobbes, il Leviatano. Il patto fondamentale che origina lo Stato contrattualistico di Hobbes è irreversibile e unilaterale. Il potere deve essere assoluto (così come il giudizio del sovrano sul bene e sul male) e non può essere ripartito in ulteriori cariche, questo perché sia che le diverse parti che lo possiedono si alleassero, sia che si rivaleggiassero, si giungerebbe a un esito fondamentalmente negativo per i cittadini (oppressione / guerra civile). La morale deve essere definita direttamente dalla legge, e lo Stato non è tenuto a seguire le sue stesse leggi. Anche gli ordini ingiusti devono essere perseguiti, e il tirannicidio è sempre inaccettabile.
Vi sono tuttavia ancora alcuni limiti nell'azione di uno Stato: esso infatti non può chiedere al singolo di ferire sé stesso o una persona a sé cara, di rinunciare ad alcuna funzione direttamente necessaria alla vita, o costringerlo ad accusare sé stesso. Se il sovrano viene meno al fine di tutelare la vita dei cittadini, non vi è una ribellione: lo Stato ha già cessato di esistere in quanto tale, e si è tornati a uno stato parziale di natura, in cui ognuno deve difendersi come crede.