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Kierkegaard

Kierkegaard allo scrittoio, Luplau Janssen

Søren Aabye Kierkegaard fu il fondatore dell'esistenzialismo. Egli si interessò parecchio alla filosofia di Schelling1), almeno inizialmente, e questa gli permise di comprendere la propria opposizione alla visione razionale totalitaria dell'Idealismo. Secondo Kierkegaard, Hegel fa iniziare la propria filosofia dall'idea, ma non esplicita il soggetto che pensa l'idea: l'idea ha bisogno di un pensiero per esistere, e parlare di logica in quanto scienza dell'essere e affrontare il percorso in modo totalmente teorico, non in situazione, è una contraddizione in termini. Non ci può essere un'idea senza pensiero e una scienza dell'essere priva della consapevolezza dell'essere singolo che pensa.

L'ambiente di Kierkegaard è profondamente e rigidamente religioso (protestante) e ciò gli porta sensi di colpa e sofferenza; egli non trova soddisfazione nella filosofia delle università. L'esistenzialismo che vedremo nel Novecento esula dalla visione cristiana e sarà dunque molto diverso, ma avrà come punto di continuità la centralità del singolo.

Si fidanzò con la Regine Olsen, che vicino al matrimonio abbandonò per motivi filosofico-religiosi.

Le opere fondamentali sono:

  • Sul concetto dell'ironia in riferimento costante a Socrate
  • Aut aut
    • Diario del Seduttore
  • Timore tremore
  • Sul concetto dell'angoscia
  • La malattia mortale

Kierkegaard ritorna al singolo, nella sua singola esistenza (venendo fuori dalla massa, dalla globalità) che deve intraprendere decisioni sulla sua vita. Come ad esempio in Kant noi operiamo nella realtà facendo scelte non solo gnoseologiche ma anche etiche2), in Kierkegaard si sceglie non solo in positivo ma anche in negativo. Il momento della scelta è il momento fondamentale per l'uomo; qualunque scelta è in negativo3) perché si lascia indietro un altro modo di esistere: il sentimento che accompagna il momento della scelta è l'angoscia — sentimento del nulla. Questo sentimento è distinto dalla paura: l'oggetto della paura è noto, quello dell'angoscia è l'ignoto.

Nelle scelte non vi è niente di obbligato: Kierkegaard è contrario a una visione della storia organicistico, finalistico o provvidenzialistico. L'unico riposo del singolo è la scelta religiosa. La critica di Kierkegaard alla storia sta nell'osservazione che la storia è il prodotto delle scelte dei singoli individui, ma che i grandi cambiamenti sono dovuti all'incursione dell'eterno nella realtà finita: Dio attua le sue decisioni, senza doversi servire di individui. La storia va sempre riferita a una visione individuale esistenziale, e non vi è un grande disegno da realizzare. Solo alla fine della sua vita Kierkegaard scoprirà che la religione filosofica di cui parla non corrisponde né alle posizioni della Chiesa protestante danese, né ad alcuna altra posizione religiosa esistente.


1)
Seguì dal vivo le sue lezioni: Schelling si era ripreso la cattedra dopo la morte di Hegel
2)
v. vittoria dell'etico sul teoretico
3)
Anche se non è altrettanto vero che ogni scelta è negativa: questo dipende dalle conseguenze della scelta