Johann Gottlieb Fichte (1762, Rammenau, Germania) fu un filosofo tedesco, uno dei massimi esponenti dell'Idealismo del periodo romantico. Il suo idealismo è definito «etico», «soggettivo» e «a sintesi aperta»
Fichte nacque nel 1762 a Rammenau. Studiò a Königsberg e in seguito scrisse un'operetta simile al primo Kant. Divenne un professore a Jena.
Le più significative opere di Fichte sono:
La nostra autocoscienza, che è il punto di partenza per la filosofia di Fichte, può qualificare di verità anche il principio di identità. L'io fichtiano è infinito (non limitato dal noumeno) e produce la realtà che conosce. L'io, prima di porre il principio d'identità, deve necessariamente porre sé stesso, la cui prima affermazione è il principio d'identità: ${A = A}$. Questo è un principio filosofico riconducibile addirittura a Parmenide, ma per Fichte esso costituisce la risposta all'Io Penso kantiano.
L'Io Penso di Kant si manifesta solo in ambito gnoseologico, come configuratore di forme. L'Io di Fichte è invece infinito, puro, e si configura come un creatore dell'essere, sul piano metafisico-ontologico. L'Io Penso kantiano non può affermare nulla senza prima affermare la sua auto-esistenza. L'Io Infinito è assoluto, pertanto, pone sé stesso.
Fichte osserva l'antico principio filosofico di affermare l'esistenza di qualcosa sostanziandola con l'esistenza del suo opposto (es. luce / buio, caldo / freddo ecc.). Partendo da ${A = A}$, non si ha una chiarificazione dell'esistenza di ${A}$. L'Io puro, pertanto, per poter esistere nella sua forma più assoluta è costretto a creare il non-io, e ad opporlo a sé stesso. Se l'Io fichtiano è assoluto e infinito, la realtà oggettiva sensibile costituisce il non-io. Avendo creato la realtà (il non-io), ha necessità di affrontarla, ontologicamente e gnoseologicamente. Esistono pertanto tanti io divisibili — noi — e tutti i non-io divisibili — gli oggetti della natura. Attraverso l'uomo, pertanto, l'Io si riappropria della propria creazione.
Il ritmo triadico di Fichte è così strutturato:
Tutti e tre gli idealisti sono convinti che la filosofia abbia questo ritmo. Con la sintesi (che per l'io divisibile sta nell'azione), si ha un superamento dell'opposizione data dal non-io, che dà all'uomo un maggior grado di libertà, sia a livello soggettivo/etico che a livello collettivo.
Il processo di creazione dell'Io è esposto dalle tre proposizioni dell'Io della Scienza:
Fichte chiama l'Empirismo «dogmatismo»: mentre l'Idealismo parte dall'Io, l'Empirismo ha una prospettiva che parte dall'oggetto. L'Idealismo è una dottrina che permette all'Io di capire che nulla di esistente in questo universo è inaccessibile ad egli, e pertanto promuove la libertà dell'individuo; al contempo l'Empirismo porta all'idealizzazione e alla venerazione del non-io, che è quindi ridotto a dogmi e percepito come un insieme come entità estranee.
Anche se noi la analizziamo in passaggi logici, la produzione del non-io da parte dell'Io è contestuale e automatica, e non è cronologicamente scindibile. La Produzione dell'Io infinito è inconscia, e avviene nel momento in cui l'io si pone come mente infinita, che possiede l'immaginazione produttiva. Nell'auto-porsi, compie attività mentale, la quale dà luogo alla realtà. Il processo conoscitivo diventa pertanto un processo non solo di auto-consapevolezza, ma anche di appropriazione del significato profondo della propria esistenza.
Nella Dottrina Morale, Fichte riprende da Kant il primato della Ragion Pratica e volge quest'idea in senso idealistico. Nel suo sistema a sintesi aperta, l'Io continua a esistere, e pertanto gli Io finiti compieranno questo sforzo per tendere all'Io infinito; tale sforzo, che richiede una continua attività, si configura nel primato della Ragion Pratica sulla Ragion Pura (ossia dell'azione sulla mera contemplazione). La soddisfazione intellettuale1) non è ammessa, perché nella tensione sta l'attività, e nell'attività sta la libertà. L'uomo deve costantemente sforzarsi di tendere verso l'Io infinito, di conoscere e comprendere come gli oggetti attorno a noi non siano altro che un nostro prodotto (e non – invece – qualcosa di estraneo). Il corpo è visto come la prigione dello spirito, da cui gli uomini devono compiere una fuga; lo possono fare al meglio non come singoli individui, ma come membri di un ente plurimo: l'umanità; è dunque imperativo cooperare con gli altri uomini per comprendere che il non-io è una nostra produzione, e liberarci dalle “catene” della materia. Il dotto è colui che ha capito in maniera più compiuta la produzione dell'Io, e a lui spetta guidare gli altri uomini. Chi non esplicita questo compito non sta dando un reale significato alla sua esistenza. Il costante sforzo dell'uomo prende in tedesco il nome di Streben. Il processo conoscitivo non porta solo all'auto-consapevolezza ma all'appropriazione del significato profondo della propria esistenza, che avviene in modo progressivo e per fasi:
Se le condizioni politiche sono avverse, scoprire che il mondo è un nostro prodotto diventa molto difficile. Fichte vede lo Stato ideale come un'autarchia, totalmente chiusa, priva di contatti con l'estero e interessata a produrre al meglio, un'entità che impone regole che facciano sentire l'uomo al sicuro. Fichte resta comunque nella tradizione contrattualista, riconoscendo agli uomini diritti naturali quali la vita, la proprietà e la conservazione. Lo Stato è solo un mezzo attraverso cui l'umanità si può realizzare, pertanto deve preservare i diritti naturali e riconoscere l'importanza degli uomini. A differenza di Hegel, Fichte sostiene che lo stato non abbia un'importanza strutturale.
Nei Discorsi alla Nazione Tedesca, Fichte dà vita a una nuova tradizione orale che si svilupperà in modo non strutturato e getterà le basi per le ideologie che sostengono la supremazia del popolo tedesco su tutte le altre razze. Secondo Fichte, per permettere agli uomini di riappropriarsi del mondo esterno è importante che vi sia una pedagogia capace di insegnare le cose fondamentali; non tutti i popoli capiscono che il non-io è prodotto dell'Io, e quello che lo capisce al meglio è il popolo tedesco, che mostra ancora una cultura e delle tradizioni originali, non essendosi mischiato mai con altre etnie. I tedeschi sono gli unici a poter parlare di “patria” (heimat) a pieno titolo. La Germania è la “nazione eletta”, il luogo in cui nascono le ideologie e le teorie che in futuro verranno adottate e sviluppate anche dagli altri popoli nelle altre nazioni d'Europa. La Nazione Tedesca, così come i dotti dovranno guidare gli uomini, dovrà guidare l'Europa nell'acquisizione della consapevolezza che le cose sono emanazione del non-Io.