Karl Heinrich Marx (Treviri, 1818 — Londra, 1883) fu il filosofo, economista1), sociologo, politico e giornalista tedesco fondatore della scuola marxiana, che assieme a Engels gettò le basi dell'ideologia socialista e del Comunismo. La sua filosofia, contrapposta all'Idealismo di Hegel (che critica), è denominata dallo stesso Marx «Materialismo».
Ha origini ebraiche e si guadagnò da vivere lavorando come giornalista. Sposò Jenny von Westphalen, nobile, che per il marito rinunciò alle sue origini altolocate. Dall'amicizia con Engels, Marx guadagnò parecchi spunti e occasioni, e in particolare una piena visione di come funzionava la realtà della vita industriale nell'Ottocento in Inghilterra. Engels viveva in una grande condizione di dissidio interiore: era mantenuto da un industriale che gli avrebbe lasciato le industrie quando sarebbe morto, ma al contempo era l'amico di Marx, l'anti-capitalista per eccellenza. In particolare Marx poté osservare da vicino le enclosures: l'eliminazione delle terre comuni in cui tutti possono trovare sostentamento, e l'instaurazione di una rigida proprietà privata; la sua critica della proprietà privata emerge proprio in forma di uno studio di carattere storico sulle enclosures in Inghilterra.
Le prime opere di Marx sono:
A Londra, in occasione del primo congresso della Lega dei Comunisti, a cui Marx non partecipa per problemi economici ma si presenta invece Engels, si osserva il trionfo di Proudhon con il suo Che cos'è la proprietà privata? — secondo Proudhon la proprietà privata è un furto. Proudhon ha quindi il maggior successo tra i socialisti reazionari e utopisti, forme di socialismo in seguito superate dal socialismo materialistico/scientifico di Marx. Marx critica Proudhon con Miseria della Filosofia. Grazie anche alle parole messe da Engels, nel 1848 gli viene affidata la redazione del Manifesto del Partito Comunista, vista la sua capacità nel trattare gli argomenti economici. Nel 1851 si trasferisce a Londra e lavora al British Museum. Nel 1867 pubblica Il Capitale, in cui precisa il materialismo scientifico. Il materialismo scientifico non è che un'evoluzione di quello storico, riproponendo con formule matematiche ciò che aveva espresso in un'ottica teoretica.
È errata la contrapposizione materialismo storico ↔ scientifico: il materialismo scientifico è una spiegazione con nuovi strumenti del materialismo storico. Vengono dimostrate le tesi del materialismo con formule matematiche; sulla tomba dell'amico Marx, Engels disse:
Guai a chi vuole ricordare Marx come uno scienziato; egli fu prima di ogni cosa un rivoluzionario.3)
La caratteristica fondamentale di Marx è quella di anteporre alla teoria la prassi: le teorie devono portare ad agire, e non è una filosofia «speculativa»4).
Marx, invece, non ha intenzione di fare solo speculazione; la sua filosofia pertanto prende il nome di «Filosofia della Prassi». «Prassi» viene da praxis – pratica. Anche Aristotele parlava di discipline pratiche5): esse miravano a migliorare l'uomo e la società. Si giunge dunque ad un passaggio fondamentale – la società; se c'è un merito che Marx riconosce ad Hegel, è aver saputo isolare la società, primo luogo non strutturato in cui ci si relaziona con l'altro in una moltitudine di confronti, dallo Stato: la società è il primo luogo dove l'uomo si relaziona al di fuori della famiglia. Marx individua subito che ciò che decreta l'andamento dei rapporti nella società è la loro capacità di rispondere ai bisogni dell'individuo e ai bisogni sociali a seconda del periodo storico6). In un periodo storico primitivo la società ha determinate esigenze che nel tempo cambieranno, e il sistema sociale stesso deve rispondere ed esaudire questi bisogni. La prima cosa che enuclea sono i bisogni di tipo pratico, i primi di cui l'uomo fa presente di aver bisogno, tutto ciò che segue è un «di più». Il primo bisogno ha carattere materiale/economico: Marx è soprattutto attratto dallo scoprire in quali modi nel tempo è stata data una risposta all'individuo e alla società nei propri bisogni economici. I punti cardine del marxismo sono:
Ad Hegel ripropone la medesima critica operata da Feuerbach: Hegel aveva rovesciato i rapporti soggetto/predicato; l'idea che doveva essere predicato è divenuta soggetto. Degli uomini, in realtà il soggetto, aveva fatto predicato. Dal punto di vista di Marx, Hegel non solo ha rovesciato i rapporti logici, rendendoli peraltro ontologici, ma ha anche preso manifestazioni concrete della società e le ha fatte diventare spirituali, assolute e universali, «assolutizzandole»7), facendo loro così perdere il riferimento all'evoluzione storico-sociale a cui appartengono. Hegel ha affermato che lo stato nella forma monarchico-costituzionale fosse l'espressione dello spirito assoluto, ha cristallizzato quell'espressione monarchica portandola fuori dall'ambito del concreto e l'ha spostata nel cielo dello spirito, operazione assolutamente sbagliata per tutte le manifestazioni istituzionali dei vari stati, poiché qualunque tipo di ordinamento è contestualizzato in un dato periodo storico, Hegel ha invece spacciato come universali verità giuste solo nel tempo e nello spazio delle società in cui si esprimono.
Lo stratagemma di Hegel è proprio quello di universalizzare le manifestazioni empiriche, contingenti, rendendole universali, necessarie8), con un misticismo logico, ossia capovolgimento soggetto-predicato. La risposta di Marx, un ulteriore capovolgimento che ripristina il vero soggetto e predicato, è il cosiddetto «Metodo trasformativo»9). Marx porta a riflettere su quanto sia reazionario Hegel: cristallizzando nel paradiso delle istituzioni perfette la monarchia costituzionale, si afferma che a quella bisogna aspirare e niente più pretendere o volere, riconoscendola come forma di stato perfetto; i cittadini dello stato perfetto ne accettano pienamente le conseguenze, inclusa una tassazione ingiusta, un trattamento civile in base alla posizione sociale ricoperta dai vari cittadini ecc.
Lo scopo di Marx è proprio una demistificazione dell'hegelismo, prendendone la parte migliore: oltre ad aver isolato la società rispetto allo stato, Hegel ha soprattutto saputo mettere in luce il metodo dialettico, che sostiene che ciò che viviamo si sviluppa secondo una serie di contrapposizioni dialettiche, tra opposti, che poi vengono superate in una data maniera, portando allo sviluppo del mondo. La dialettica assume ancora maggiormente un'importanza storica nel contesto del tempo. La storia per Hegel era già importante, e per Marx lo è ancora di più. Lo sviluppo dei rapporti dialettici nella contrapposizione tra due parti opposte, e la sua realizzazione, nonché il progresso della società sono gli ambiti di cui si occupa Marx. Ma essendo questi sviluppi storicizzati, essi non vanno studiati in modo ideale, cristallizzandoli, bensì in modo materiale secondo la prassi, in cui tutti siamo immersi. Lo scontro non è sofistico, ma concreto.
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Alienazione | |
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Hegel | Ambito spirituale |
Feuerbach | Ambito religioso |
Marx | Ambito economico |
L'alienazione è la prima opposizione di Hegel: il valore dell'alienazione, puramente ideale, è misto (tra negativo e positivo) e ci fa tornare allo Spirito. L'idea scende dall'empireo dell'universale, e dopo aver compiuto il processo di demistificazione il soggetto non è più idea ma diventa l'uomo. Lo stesso uomo si aliena da sé: secondo Feuerbach è quando si toglie le proprie qualità e le attribuisce a Dio (alienazione religiosa), secondo Marx è invece riguardo al lavoro di ciò che produce e al proprio lavoro stesso (alienazione materiale): secondo Feuerbach si supera l'alienazione arrivando all'ateismo e all'antropologia, secondo Marx invece l'uomo risolve l'alienazione riprendendo il significato del proprio lavoro, quanto produce lavorando per altri. La risoluzione del problema parte proprio dal riconoscere che siamo alienati.
Le quattro forme dell'alienazione sono:
Paul Ricoeur, francese, dice che Marx, Nietzsche e Freud sono i «maestri del sospetto»: questa definizione li qualifica come coloro che mettono in luce in maniera chiara che dietro le cose come appaiono c'è sempre altro, e bisogna avere sospetto della realtà come appare per scoprire i meccanismi nascosti. Marx, in particolare, rivela il sistema della produzione economica, che prima di lui nessuno aveva così profondamente analizzato e in cui nessuno entrerà tanto a fondo dopo di lui. Se gli esiti della teoria marxiana sono oggetti di critica, la sua analisi dei metodi di produzione rimane scientificamente del tutto condivisibile[citazione necessaria]. Il target della sua critica è lo stato liberale.
Dove Hegel afferma che la società è il luogo delle tensioni e delle opposizioni, e che queste opposizioni devono essere tenute a bada dalla polizia delle corporazioni, Marx sostiene che esse non possono essere affrontate dalla società, in quanto le corporazioni rappresentano un interesse corporativo. Questa scissione da Hegel mostra come Marx ritiene che la società delle tensioni sia quella attuale, liberale, epoca in cui si è persa l'unitarietà e armonia della società iniziale, la polis greca, la cosiddetta «bella vita etica», con armonia tra Società e Stato. In quella società, secondo Marx, i cittadini avevano i diritti, ma non solo nominalmente (come accade nelle democrazie rappresentative e negli stati liberali), bensì anche sostanzialmente, come accade in tutte le democrazie dirette. In una democrazia rappresentativa, che propone il sistema liberale, ogni cittadino dotato di diritti non li esercita direttamente ma vota qualcuno che li eserciti al posto suo nel Parlamento.
Nella società che Marx osserva, capitalistica e liberale, non vi è più corrispondenza tra il cittadino ideale che esibisce i suoi desideri nel cielo empireo dello Stato e il cittadino che vive nella società. Non esiste un cittadino teorico, ma esistono i cittadini reali, calati nella società, che vivono le continue contrapposizioni e la sostanziale disuguaglianza della loro esistenza. Vi è inoltre un grande atomismo (ognuno vive scisso, pensa per sé) e individualismo: ciò è fisiologico del liberalismo, che tutela prima di tutto la proprietà privata. Marx rifiuta pertanto tutti i presupposti della democrazia rappresentativa e del liberalismo, che mettono in mano di un rappresentante un'accumulazione di potere. Marx è contro la libertà del singolo, sinonimo di individualismo, che può altrimenti fare ciò che vuole, compreso sovrastare tutti gli altri uomini. Affinché una democrazia davvero sostanziale si possa realizzare, bisogna abolire la proprietà privata, fornire a tutti i cittadini la possibilità di votare, e bisogna che ci sia una rivoluzione sociale guidata dal proletariato, con un'emancipazione politica e una liberazione dei cittadini, che devono sentirsi parte del popolo, e corrisponde a una reale emancipazione umana. I Manoscritti spiegano il meccanismo economico che sta dietro all'alienazione.
L'economia borghese, che viene analizzata nei manoscritti economico-filosofici, è l'ultimo dei sistemi economici che si succede nella storia. Ogni sistema economico ha un periodo storico e una classe predominante, e in questo periodo stiamo assistendo alla cristallizzazione e all'incancrenimento della società in essa. Secondo Marx, ogni società nella storia ha un'economia prevalente; in questo momento storico la società è permeata da un'economia di tipo capitalistico. Ma questa società vede una situazione di opposizioni anche all'interno dell'economia capitalistica. L'opposizione principale è quella tra capitalista e proletariato:
I proletari fanno andare avanti l'attività economica del capitalista, e sono dunque necessari ad egli. Loro subiscono un'alienazione, una perdita di sé stessi, e anche il salario loro retribuito è infinitamente più basso rispetto a ciò che investono nel proprio lavoro presso la fabbrica. Loro si fanno altro da sé, e questa cosa che tolgono a loro stessi la danno al capitalista. Si cristallizza in più cose:
Marx immagina l'operaio come una persona che è in sofferenza, che non è più protagonista della propria azione produttiva, perché mentre in passato l'artigiano produceva un oggetto, ne seguiva le fasi produttive da inizio a fine. Un calzolaio, ad esempio, concettualizzava il design di una scarpa e la realizzava partendo dalla propria idea, realizzandone tutte le parti. Quando produce la scarpa fatta e finita, essa è sua, e lui può decidere se venderla o meno, e vendendola ottiene il proprio ricavato. Un operaio, invece, è l'addetto a produrre una sola parte del prodotto, e non sa dove verrà applicata o come si presenterà il prodotto finale, ma si limita a seguire le istruzioni del proprio reparto. Si perde così il senso del proprio lavoro, e di conseguenza il senso di ciò che dà all'uomo la sua dignità. Il lavoratore viene dunque alienato rispetto al lavoro della sua attività perché produce un oggetto che non gli appartiene e ha una potenza dominatrice nei suoi confronti: producendo un qualcosa in modo non intenzionale, l'oggetto domina il suo produttore. Ciò è amplificato quando del prodotto si realizza una sola parte.
Inoltre, il prodotto che viene venduto genera un ricavo che non viene redistribuito in modo onesto, ma il capitalista genera un plusvalore che intasca in virtù del possesso dei mezzi di produzione, anche se in quel plusvalore vi è la produttività, la creatività e lo sforzo dell'operaio, a cui realmente esso spetta. Ciò porta a un rovesciamento del : mentre l'operaio dovrebbe trovare la sua realizzazione di uomo nel lavoro che compie, realizzandosi come persona che ha diritti e un'intenzione nell'azione, se l'uomo non si realizza intellettualmente nel lavoro che compie, esso diventa solo un mezzo per vivere e per supportare il tempo della vita che è fuori dal lavoro (il tempo libero). Il capitalista ha saputo vendere al lavoratore proprio quest'idea che il lavoro è solo un mezzo per ottenere materialmente il denaro per divertirsi, e non il momento stesso in cui ci si arricchisce come individuo.
Un'ulteriore alienazione è rispetto alla propria essenza: il Wesen; l'essenza dell'uomo è quella del lavoro creativo, mentre nel capitalismo il lavoro è ripetitivo e alienante.
Il prossimo, nei quali confronti siamo alienati, è il capitalista, che ruba il profitto del lavoro dell'operaio. La causa dell'alienazione è la proprietà privata dei mezzi di produzione, che secondo Marx, per eliminare questa forma di alienazione, deve essere pubblica e collettiva.
L'alienazione è citata anche nelle Tesi su Feuerbach, e le più famose sono la sesta e la settima. Marx si sente distante dall'alienazione secondo Feuerbach: entrambi rovesciano la prassi, e ciò che per Hegel era soggetto deve essere predicato, e ciò che era oggetto deve diventare soggetto, con lo spirito come sola conseguenza della realtà effettuale. Ma, come Marx esprime nella sesta tesi, la differenza tra lui e Feuerbach è che il rovesciamento per Feuerbach è religioso, e pertanto si vira sull'antropologia, e la necessità di riacquistare le qualità che l'uomo si è tolto attribuendole a Dio: si ha quindi un passaggio al culto dell'uomo (infatti, come dice Feuerbach, la teologia è un' antropologia capovolta). Per Marx, invece, l'uomo deve vivere ed essere sempre in un contesto sociale e storico. Non è un uomo che vive nell'iperuranio, ed è frutto e conseguenza di un determinato contesto storico-sociale. Parlare di antropologia e sfociare nella fisiologia («l'uomo è ciò che mangia») non libera l'uomo dalla costitutiva alienazione: lo fa vivere meglio ma non lo toglie dalla condizione di essere sfruttato e alienato. La disalienazione proposta da Feuerbach è teorica, spirituale, e aver individuato il difetto fondamentale di Hegel non ha alcun frutto, se ciò non porta a una riflessione di carattere storico-sociale.
Nella settima tesi, Marx afferma che la religione accusata da Feuerbach di privarci delle nostre prerogative in quanto esseri umani potenti, non ha alcuna base di verità, è un prodotto inesistente, spirituale, dello stesso uomo socialmente contestualizzato nel tempo e nello spazio. Non esiste religione indipendente dalla società in cui la si pratica, ed è uno specchio di essa.
Negli Annali Franco-Tedeschi, così come nel Manifesto, la religione è descritta come l'oppio dei popoli, modo di sopprimere la volontà del popolo oppresso. Essa è prodotta dalla classe sociale egemone nel contesto storico-sociale in cui viene praticata, in quanto è funzionale al mantenimento dello status quo in una data società. L'ambito religioso è intrinsecamente alienante, e la disalienazione dell'uomo non può avvenire con una diversa considerazione della religione, ossia trasformandola da religione ad antropologia, ma eliminandola in toto.
La disalienazione è il superamento della proprietà privata e l'istituzione della proprietà collettiva dei mezzi di produzione.
La storia è tutta la serie dei meccanismi e dei rapporti di produzione, che hanno portato alla dialettica tra le due parti e inevitabilmente all'alienazione di una delle due. L'uomo deve ritrovarsi nell'ultima società che vede fortunatamente la cancellazione della proprietà privata e l'avvento del comunismo.
Nell'opera Ideologia Tedesca, così come in tante altre opere, Marx inizia a definire cosa sono le ideologie: dalla connotazione intrinsecamente negativa, l'ideologia è un tipo di pensiero estremizzato, come nel caso dell'idealismo; sono ideologie delle false rappresentazioni della realtà, che si costituiscono per ottenere determinati risultati. L'ideologia viene contrapposta alla vera speculazione scientifica: Marx non fa ideologia, ma scienza[citazione necessaria]. Da Marx in avanti, il termine «ideologia» assume sempre quest'accezione vagamente negativa, e nonostante nell'epoca contemporanea questo tipo di negatività decada, parlando di ideologia si presume un sistema di rappresentazione della realtà volto ad uno scopo.
Essendo l'idea una falsa rappresentazione della realtà, non è di questa uno studio fedele. La tesi dell'opera Ideologia Tedesca è che la cultura della Germania è immersa nell'ideologia di Hegel secondo cui la realtà è il prodotto dello spirito. La storia di tutte le società si basa invece sul soddisfacimento dei bisogni, ed è una storia materiale, non spirituale. L'arké che Marx vede come struttura della società è l'economia, tutto il resto è sovrastruttura. Nella società in cui vive Marx, la struttura è l'economia capitalistica, da cui deriva ogni altro aspetto culturale o sociale. Sbaglia chi pensa che una di queste sovrastrutture sia determinante10), e da qui è evidente che il rovesciamento attuato da Marx è di carattere pratico. Non esistono società astratte, ma solo società concrete poste nel tempo e nello spazio, e tutte le società non sono determinate dalla loro religione, cultura, arte ecc., ma solo ed esclusivamente dalla loro economia. Il passaggio di analisi da sovrastruttura a struttura rivela l'effettiva natura di sovrastruttura presente in ogni aspetto della società.
La struttura dell'economia è composta da due elementi:
Dal punto di vista formale, della legge, è fondamentale sottolineare a chi appartengono le forze produttive: chi detiene la proprietà dei mezzi di produzione, detiene il potere nella società. Il potere nasce dalla gestione dell'economia, e il potere politico è sovrastruttura del potere economico.
Le classi sociali, oppresso ed oppressore, hanno ciascuna il proprio ruolo nel processo produttivo, e viene proposta la dialettica servo-padrone in un contesto totalmente economico, di società reali che si susseguono nella storia. In ogni società vi è un diverso modo di produrre, una diversa classe che è servo, e una diversa classe che è padrone; ogni società ha un'opposizione dialettica tra classi che emerge nel suo modo di produrre.
Marx descrive in un'ottica tutto sommato positiva le rivoluzioni borghesi, che hanno eliminato il sistema feudale. Tuttavia, la borghesia è diventata in seguito classe dominante e di conseguenza oppressore.
Marx va ad analizzare le varie società con le varie forme di produzione: arcaica, asiatica, antica, feudale e infine quella futura comunista, a cui la società dovrà tendere. Non vi è un provvidenzialismo storico, né dal punto di vista cristiano, né da quello idealista dello Stato che deve realizzarsi. Lo Stato non esiste come entità superiore, ed è formato dalla comunità degli esseri umani suoi cittadini che ne fanno parte e che vengono oppressi: nel Cristianesimo infatti gli uomini, in quanto creature di Dio, sono strumenti nelle mani del Signore, la medesima prospettiva dell'Idealismo.
Solo coloro che abbatteranno il regime capitalista, realizzando il comunismo, saranno liberi. L'abbattimento non sarà frutto di una rivoluzione, ma avverrà spontaneamente, poiché il capitalismo ha dentro di sé un baco che ne causerà il crollo. Nell'Ottocento, la società in sviluppo è la società capitalistica, che si sviluppa in vari luoghi; ciò ha come conseguenza lo sviluppo del sistema capitalistico, che porta allo sviluppo della classe antagonista ai capitalisti: la classe proletaria. Quando i proletari acquisiranno consapevolezza della propria condizione di oppressi e quando il processo di sviluppo capitalistico sarà giunto a maturazione, e al suo conseguente collasso, i proletari di tutto il mondo si uniranno per compiere la rivoluzione e prendere il potere, l'avanguardia di tutti gli oppressi che riescono a essere in virtù della loro consapevolezza. Tale presa di coscienza si conquista tramite il processo produttivo, qualcosa che il contadino non può percepire, quindi l'avanguardia che guida tutto il processo rivoluzionario avverrà solo nel sistema capitalistico, ed essendo internazionale non può avere bandiere.
Marx critica il socialismo reazionario (che vuole tornare al pre-capitalismo), il socialismo borghese conservatore, e quello utopistico. Egli è inoltre contro il fenomeno del luddismo: nella seconda rivoluzione industriale in Inghilterra aumentano le macchine e la meccanizzazione della produzione; più macchine ci sono, meno manodopera è necessaria. Alcuni operai distrussero le macchine, seguendo l'esempio dato da Ned Ludd.
Il socialismo conservatore corrisponde alla dottrina di Proudhon: questi aveva esposto che la proprietà privata è un furto, e che tutti gli uomini avevano il diritto di godere di libertà e giustizia, ma non del tutto le donne. Egli vede una società mutualistica in cui tutti sono lavoratori e tutti sono liberi. Marx sostiene che Proudhon non affronti la condizione stessa per l'esistenza dell'alienazione: la proprietà privata. La chiama filosofia della miseria poiché resta una teoria astratta, di una borghesia di proprietari senza proletariato, divenendo una miseria della filosofia nel momento in cui non si traduce in concreta dialettica.
Per quanto riguarda il socialismo utopistico, i maggiori esponenti sono Saint-Simon, Fourier e Owen. La classe dominante, per Saint-Simon, deve divenire quella dei produttori, capaci di gestire la società per il meglio, mirando a un cristianesimo delle origini, basata sull'amore per il prossimo.
Fourier critica la famiglia e il commercio, poiché li considera la sede delle disuguaglianza; per Fourier l'attività predominante dev'essere un'agricoltura che possa provvedere alla sussistenza dei cosiddetti falansteri, ossia gli abitanti delle falangi, in cui la popolazione deve essere ripartita in spazi di terreno strettamente definiti. Il lavoro è libero e ognuno deve poter seguire le proprie inclinazioni.
Owen è invece l'unico vero e proprio industriale: egli riconosce che le fabbriche e le industrie sono responsabili della condizione disumana della società e della disuguaglianza. Egli propone di costruire dei villaggi per combattere questa disoccupazione, in cui i lavoratori avrebbero vissuto in alloggi confortevoli ma uguali tra loro, e gestitto direttamente la propria economia basata sull'agricoltura organizzata. Questa utopia si materializza nello stato dell'Indiana, USA, con il villaggio realizzato da Owen — un imprenditore — chiamato “New Harmony”. Il progetto fallisce in quanto gli individui che lo abitano sono in buona parte criminali di ogni sorta.
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Il primo dato da cui parte Marx è l'elemento fondamentale dell'economia: la merce. La merce, oltre al valore di mercato dell'economia classica, ha un valore d'uso e un valore di scambio. Il primo, il valore d'uso, afferisce a ciò che la merce serve, il secondo si aggiunge al valore d'uso, ma è disgiunto da esso: il valore di scambio dipende dal lavoro socialmente necessario per realizzare una merce. Si aggiunge a questi valori principali, inerentemente al valore di scambio, il valore che si dà ad una merce nell'ambito del mercato, conseguentemente alla domanda e all'offerta.
Il rischio in cui si incorre è il feticismo delle merci, che oggi esiste nella forma del consumismo.
Analizzato il valore della merce in sé, Marx confronta l'economia classica e quella capitalistica:
Il plusvalore non è il «profitto» del capitalista. Il capitale è infatti costituito da capitale variabile (i salari) e capitale costante (i mezzi di produzione). Mentre il plusvalore è solo un valore netto, quasi teorico, bisogna effettuare un'inferenza11), la tendenza del plusvalore, che lo riporta nella realtà effettiva: si tratta del saggio del plusvalore, che va misurato con una frazione:
$$Saggio\ del\ plusvalore = \frac{plusvalore}{capitale\ variabile}$$
In realtà, ciò che effettivamente guadagna il capitalista deve tenere conto del costo dei macchinari utilizzati; per essere sempre all'avanguardia il capitalista deve infatti tenere i suoi macchinari efficienti, investendo sui mezzi di produzione . Il saggio del profitto è:
$$Saggio\ del\ profitto = \frac{plusvalore}{capitale\ variabile + capitale\ costante}$$
Per aumentare il saggio del profitto, si potrebbe pensare ad alcune strategie:
Nel corso della storia, il capitalista ha cercato di guadagnare sempre più, tentando di innalzare il saggio del profitto. Le prime strategie individuate sono state:
Viste le problematiche all'interno della società capitalistica, essa presenta una caduta tendenziale. Il capitalismo instaura dinamiche di rendimenti decrescenti (il capitalista guadagna sempre meno), con conseguente associazione tra i vari capitalisti, creando situazioni monopolistiche; quei capitalisti che non riescono ad associarsi in un soggetto di grandi dimensioni sono destinati a fallire e ad impoverirsi, proprio per via delle dinamiche di mercato; si crea pertanto una società totalmente polarizzata tra ricchi e poveri. In alcuni stati, il processo è giunto a maturazione, in altri è ancora verso l'inizio12). È pertanto necessario che i proletari di tutti i paesi acquisiscano la consapevolezza di essere sfruttati, rovesciando l'organismo politico basato sulla borghesia e sul capitalismo: nell'avvento del capitalismo vi è in potenza l'arrivo del comunismo, in quanto la maturazione del capitalismo ha in sé la radice della formazione sostanziale del proletariato come classe; è per questo, pertanto, che si ritiene in Russia non possa nascere il comunismo.
A questo punto, una volta che il proletariato ha assunto consapevolezza di sé come classe attiva, esso compie la rivoluzione. Inizialmente, Marx pensa che l'unico modo per ottenere potere da parte del proletariato sia una rivoluzione armata compiuta da un'avanguardia (gruppo ristretto) estesa poi a tutto il popolo. Marx in seguito ammette che vi possa essere una rivoluzione “pacifica” conseguente al collasso totale del sistema capitalistico.
Non si tratta di sostituire lo stato borghese con lo stato comunista: la sola esistenza della proprietà privata è la base della disuguaglianza; la sola esistenza di uno Stato che governa dall'alto in modo spersonalizzante è sbagliata. Dopo l'abbattimento dello stato borghese, vi è una fase di transizione, caratterizzata dalla dittatura del proletariato, in cui bisogna «rieducare» la classe borghese. Solo dopo il periodo di normalizzazione (abbattimento) delle classi sociali si può instaurare una comunità realmente egalitaria.
La società comunistica emersa dalla società capitalistica sarà l'unico datore di lavoro, priva di divisione del lavoro, senza classi, senza sfruttamento, senza miseria e senza Stato.