Indice

Schopenhauer

Jules Lunteschütz, Schopenhauer, 1855

Schopenhauer fu il primo vero anti-hegeliano: secondo lui il mondo è il trionfo dell'irrazionalità. Fu uno degli ispiratori di Nietzsche; l'idealismo secondo lui è la filosofia delle università e dello Stato. La sua è una filosofia anticonformista, poiché non segue il modello corrente di quel momento, ovvero quello hegeliano. Secondo Schopenhauer, la filosofia deve essere un modo per fare riflettere i potenti e dare una dialettica al sistema, non per fungere come strumento per sottomettere il popolo.

Opere

Le principali opere sono:

Filosofia

Egli è ispirato da Platone, poiché apprezza il modello delle idee nell'iperuranio che lo fanno riflettere sulla caducità della realtà naturale: per trovare qualcosa di fisso e di puro è necessario andare in un'altra dimensione. È un filosofo pessimista, contemporaneo di Leopardi1), nonché romantico (tema dell'infinito). Tra gli elementi pregnanti a cui si riferisce ci sono le filosofie orientali, quale la religione dei Veda, che vedono gradi da attraversare per l'uomo prima di arrivare a una condizione di imperturbabilità che ricorda l'apatia di matrice epicurea/stoica, in cui il mondo non tocca più la persona. È il primo occidentale ad avvicinarsi con un tale interesse alle religioni filosofiche orientali, che sostengono il principio su cui si basano anche varie discipline di arti marziali secondo cui la condizione spirituale del corpo è più importante di quella fisica (prima di lui, la maggior parte degli altri pensatori occidentali avevano reputato queste filosofie e religioni come inferiori).

Nella sua concezione del velo di maya torna ad alcune teorie kantiane e alla concezione del fenomeno e del noumeno: le persone sanno già che il fenomeno è la realtà così come rappresentata dal soggetto. Tuttavia, mentre Kant nel fenomeno non vedeva nulla di negativo, Schopenhauer attribuisce un'accezione intrinsecamente negativa del fenomeno: anche se l'individuo si forma una percezione soggettiva della realtà tramite determinate categorie, in realtà vive in una menzogna e non nel mondo reale. È pertanto fondamentale «squarciare il velo di Maya»2), rappresentazione della realtà soggettiva e pertanto fallace.

Ne Il mondo come volontà e come rappresentazione egli descrive come viene formata la rappresentazione; vi è un soggetto che si rappresenta qualcosa e un oggetto che viene rappresentato, e come espone in Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente le categorie che considera sono solo tre3):

La causalità è considerata in ogni sua forma. È la ragione per cui qualcosa avviene e ha quattro radici:

Secondo queste forme, tutto il mondo è mia rappresentazione che mistifica ogni cosa: l'uomo è un animale metafisico, ma se si squarcia il velo di maya della rappresentazione ci troviamo gettati nella vera, dolorosa e crudele realtà, dove non c'è ragione. Siamo noi a darci una ragione sufficiente di ciò che accade, che in realtà non esiste. Quella che Leopardi chiamerà la «natura maligna» è controllata dal noumeno, volontà universale che non appartiene a nessuno, cieca brama di vivere. È una sorta di anticipazione del darwinismo, dove la realtà assorbe tutto. L'uomo è dentro alla natura, e deve rendersene conto, non facendosi solo rappresentazioni del mondo ma anche volontà. Come tutti gli elementi della natura, ne siamo partecipi e siamo dunque tutti trascinati da questa cieca brama di vivere. L'uomo è il punto più alto della natura irrazionale poiché è l'unico che può prendere consapevolezza di farne parte, squarciando il velo di maya. Pertanto, per Schopenauer la volontà è l'arké.

Ognuno non è del tutto padrone del proprio corpo e degli istinti, ma nel momento in cui permette al noumeno di manifestarsi attraverso di sé, egli diviene strumento di manifestazione della volontà. Nella fase della rappresentazione, tale manifestazione è inconsapevole, ma quando l'individuo ha voglia di vivere, egli perde la soggettività e scorre in lui una volontà universale, che è il trionfo dell'irrazionalità, come accade ad esempio nei riti carnali, orgiastici.

La volontà di vivere ha attributi:

La volontà si esplicita prima negli archetipi (idee “platoniche”, universali e perfette) poi negli individui naturali. Tutto ciò che vive è travolto dalla volontà e strumento di esplicitazione di essa, pertanto soffre: è permeato dal dolore perché è usato dal dolore. Pertanto tutto ciò che vive è in tensione verso qualcosa, guidato dalla volontà che lo porta a volere e non accontentarsi mai5). L'uomo, quando desidera tantissimo qualcosa, anche se arriva ad averlo, inizia a desiderare qualcos'altro. Il piacere è temporaneo, illusorio e non è altro che la momentanea cessazione del dolore.

Le altre pause momentanee in cui non siamo strumento della volontà sono noia. Secondo Schopenhauer, tutta la vita è un pendolo che oscilla tra dolore e noia, e dei sette giorni della settimana, sei sono di dolore, uno di noia. L'amore è un'unione come tentativo di combattere il dolore; tuttavia l'amore vero e proprio è quello tra amore e donna, e anche se sembra spontaneo è comunque pilotato dalla volontà, dal momento che questo si tramuta in sesso: il rapporto amoroso è l'unione di due infelicità che vanno a formare una terza infelicità (il nato).

Il pessimismo cosmico investe ogni cosa (concordamente alla volontà), e la sua opinione pessimistica è dovuta all'ubiquità della volontà. Esso fa sì che non vi sia una via d'uscita6): il pessimismo di Schopenhauer non presenta alcun riscatto. Da qui si dipana la critica alle varie forme di ottimismo, che sono di vario stampo:

La costituzione di uno Stato è un mezzo per arginare la volontà7).

La storia non ha alcun valore, in quanto è lo sviluppo della volontà. Solo una certa interpretazione della storia è utile: quello di sbarazzarci della volontà, che sembra impossibile. L'unica via di liberazione dalla volontà ha come obiettivo finale il raggiungimento della noluntas: non volontà. Questo percorso di negazione della volontà è esistenziale, e ciascun uomo deve intraprenderlo.8)

Per sottrarci al flusso irrazionale e terribile della volontà si potrebbe pensare al suicidio, ma questo non è altro che una manifestazione altissima della volontà: trionfo della volontà di togliersi la vita. La contemplazione dell'arte potrebbe essere un altro percorso (soprattutto l'arte concettuale, e in particolare nel Romanticismo la musica). Più ci prefiguriamo l'oggetto artistico, più poniamo la nostra mente in una dimensione in cui la volontà non ci può toccare. Anche l'arte tuttavia ha un momento con un inizio e una fine. Con l'etica della pietà si abbandona il tipo di visione dell'uomo proposta da Hobbes (homo homini lupus), comprendendo la condizione sofferente degli altri uomini, soffrendo assieme a loro nell'ottica della compassione e provando pietà per gli altri uomini. Si istituiranno così le leggi (la Giustizia) e si inizierà ad avere un atteggiamento caritatevole nei confronti degli altri.

Egli usa il termine evangelico agape: l'amore incondizionato e disinteressato. L'amore nei confronti degli altri è tuttavia un amore che non ci toglie dal controllo della volontà. Si percorre quindi un percorso ascetico, con cui si giunge all'annientamento della volontà nella nostra vita, per una serie di gradi:

  1. Castità
  2. Umiltà
  3. Digiuno
  4. Povertà
  5. Sacrificio
  6. Automacerazione → quando ci si consuma, non mangiando o bevendo fino a quando non si giunge alla morte, nella fase pre-mortem si arriva al nirvana, paragonabile all'atarassia degli stoici; morendo si lascia uno strumento in meno alla volontà per esprimersi
1)
ricordiamo che è Schopenauer a citare Leopardi e non il contrario
2)
strappare il cielo di carta… ah no, quella era un'altra cosa
3)
Kant ne aveva ben 12
4)
v. estetica trascendentale kantiana
5)
Non si parla solo degli uomini in questo ambito
6)
In Leopardi, come presentato nella Ginestra, una via di uscita sta nella congregazione nella «catena sociale»
7)
v. il principio di Hobbes: Homo Homini Lupus
8)
Schopenhauer, in realtà, non lo intraprende